Vezzali: «Addio scherma, ma continuerò a lottare giù dalla pedana»

Vezzali: «Addio scherma, ma continuerò a lottare giù dalla pedana»
di Francesca Monzone
Lunedì 28 Dicembre 2015, 10:49
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Valentina Vezzali, l'atleta più vittoriosa nella storia dello sport italiano con 6 ori olimpici e 16 mondiali nel fioretto, ha deciso di dare l'addio allo sport agonistico. Il suo non sarà un addio doloroso, anche se ammette che ci sarà commozione, perché lo sport resterà la sua vita pur se con ruoli e consapevolezze diverse. La sua assenza ai Giochi di Rio, impostale dalla mancata qualificazione per la sesta edizione di fila, non è per lei una sconfitta: le darà la possibilità di guardare lo sport in modo diverso. Valentina ha un sogno: aiutare i giovani attraverso il suo ruolo di deputato al Parlamento.
Rifarebbe la scelta di continuare dopo Londra?
«Sono stata portabandiera. È stata un'esperienza talmente bella, quasi come vincere una medaglia. Un'esperienza che non dimenticherò mai perché mi presentavo come l'atleta da battere e in quel periodo ancora non era maturata in me l'idea di smettere. Poi, quando ho conquistato il bronzo, mi sono detta che dovevo andare avanti fino a Rio. Era una sfida e la sfida è fatta di rischi. Quindi sì, rifarei la stessa scelta perché è stato un quadriennio difficile ma ricco di emozioni. Sono campionessa del mondo a squadre in carica e per un soffio non ho ottenuto la qualificazione olimpica e a 40 anni suonati e con due figli ho ottenuto il bronzo ai Mondiali a Kazan».
Cosa farà dopo aver chiuso?
«Cercherò di diffondere la cultura dello sport nelle scuole e nelle famiglie, creare nuove strutture in particolare nelle zone disagiate seguendo l'esempio di Maddaloni e Russo. Da 36 anni sono nel mondo nello sport come atleta e rimarrò in pedana con un nuovo ruolo: aiutare lo sport».
Ha scelto l'ultima gara?
«Sarà molto presto, tra qualche mese, prima di Rio sicuramente. Sono serena e sono convinta che sarà un bellissima chiusura di carriera. Non voglio dire quale sarà, però ho già fatto la scelta e sarà sicuramente un momento emozionante. Io ho vinto tantissimo, sono stata un traino per le giovani ed è giusto che ora queste ragazze che ho contribuito anche io a fare crescere prendano in mano l'eredità del fioretto italiano».
Come è riuscita ad essere sempre al vertice fino a 40 anni con tutti gli impegni che ha?
«Le donne sono uniche in questo. Riusciamo ad essere spose, mamme e custodi della famiglia, e in più lavoriamo. Quando ho vinto il Mondiale a Lipsia, Pietro era nato da soli 4 mesi e la gente mi chiedeva come avevo fatto. Rispondevo che alla fine avevo fatto quello che dovevo fare perché c'era un lavoro grande alle spalle iniziato anni prima. Tutta la vita è un lavoro di squadra e quando si ha la fortuna di avere un ottimo team, famiglia, allenatori e compagne di squadra allora si possono ottenere grandi risultati».
Cosa le mancherà di più della scherma?
«Non mi mancherà nulla perché rimarrò nel mio mondo. Le emozioni saranno diverse ma sicuramente molto molto intense».
Roma 2024: qual è il significato di un'Olimpiade in Italia?
«Un'Olimpiade è grande opportunità perché porta degli sviluppi nella città che li ospita. Spero fortemente che Roma riesca ad ottenere questo evento».
Rio 2016: chi merita di fare il portabandiera?
«La Giunta del Coni farà la scelta migliore. Ne abbiamo tantissimi di atleti che meritano di essere portabandiera e non sarebbe giusto fare un nome».
A chi assegnerebbe l'oscar dello sport italiano nel 2015?
«A Tania Cagnotto, e la metterei nell'elenco dei portabandiera di Rio. Lei ha avuto una forza come poche perché a Londra dopo aver mancato il podio mi ha detto che nel suo sport ci sono le cinesi impossibili da battere. Quest'anno è riuscita a vincere l'oro ai Mondiali battendo proprio loro».
L'Italia guarda al futuro e lo fa con una generazione diversa, multirazziale. Come immagina gli azzurri di domani?
«Immagino dei grandi ragazzi con tante capacità che sono riusciti a fare del nostro sport una grande realtà, aiutati anche da noi che in fin dei conti gli abbiamo lasciato la nostra eredità. Ben venga la multirazzialità in tutti gli sport, l'importante è che le regole vengano rispettate. In un mondo dove la globalizzazione sta prendendo fortunatamente sempre più piede è giusto avere atleti con un colore di pelle diverso dal mio ed il fatto che ci siano delle caratteristiche fisiche diverse non vuol dire che siano meno italiani». 
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