Il Benevento scopre Diabaté:
gol per cancellare ferite del passato

Il Benevento scopre Diabaté: gol per cancellare ferite del passato
di Bruno Majorano
Martedì 20 Febbraio 2018, 10:51 - Ultimo agg. 20:09
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A Benevento hanno già trovato un nuovo idolo. Perché quando segni il gol decisivo in una gara decisiva in chiave salvezza come quella di domenica contro il Crotone, non puoi che conquistare di diritto gli onori di una tifoseria e di una città. Per informazioni rivolgersi a Cheick Diabaté, attaccante arrivato nel mercato invernale da semi oggetto misterioso, e diventato già idolo nella terra delle streghe.

Sgraziato e poco armonioso nei movimenti. A volte scomposto, ma sempre efficace sotto porta. Lo chiavano Chuck a Bordeaux, dove sbarcò appena 18enne dal Mali e oggi per lui parlano i numeri: 95 gol nella sua carriera, 8 in 14 partite nella seconda parte di stagione al Metz lo scorso anno. Domenica la rete al debutto con la maglia del Benevento, un gol da tre punti, segnato dopo appena 12' in campo. Dove non arriva la tecnica, c'è il fisico, quello da giocatore di basket, dentro un destino da attaccante. 194 centimetri che lo hanno aiutato spesso dentro l'area, come contro il Crotone.

Cresciuto nel CSK Bamako in Mali e nel Centre Salif Keita, quello che porta il nome del giocatore che negli anni '70 ha giocato più di 200 partite in Europa con le maglie di Saint-Etienne, Marsiglia, Valencia e Sporting Lisbona. Lo stesso dal quale sono usciti Mahamadou Diarra e Seydou Keita. Uno di quei centri che regala sogni a chi mette fatica e sudore sul campo. Per Cheick però è sempre stato diverso. Voleva aiutare il suo paese in campo, preferendo il Mali alla Francia, usuale estensione del calcio africano. Il suo primo viaggio fuori dalla sua terra africana nel 2002 a Nizza dove per un mese ha giocato nei Jeux de la Francophonie con la nazionale del Mali. A spingerlo le parole della madre. «Se vuoi aiutare il tuo paese devi andare via». Prima in Corsica nell'Ajaccio, poi a Nancy e infine Bordeaux, nei suoi anni migliori dal punti di vista realizzativo.
 
Gioie, ma anche tante difficoltà. La prematura scomparsa proprio della madre (quando Chuck aveva 13 anni) e poi del suo migliore amico, quello con il quale ha iniziato a giocare a calcio, in un incidente. «Ho visto anche mio papà e mio fratello morire davanti ai miei occhi e in quel momento capii che la morte può arrivare prima di quanto uno creda. Per questo ho deciso che la vita è meravigliosa», ha raccontato negli anni. Esperienze di vita che segnano. Momenti che lo hanno reso più forte e non hanno scalfito il colosso maliano. Le difficoltà iniziali soprattutto nell'adattamento nel nuovo paese. La lontananza da casa e una cultura differente. «Mio padre mi ha sempre insegnato a guardare in basso per portare rispetto verso chi mi parla».

Nel 2012, l'opportunità di portare finalmente in alto il nome del suo paese, come fin da bambino aveva sognato. Nella Coppa d'Africa giocata in Guinea Equatoriale, il Mali si ferma in semifinale, battuto dalla Costa d'Avorio. Ma Diabaté riesce con una doppietta a portare al terzo posto la sua nazionale chiudendo in testa nella classifica marcatori. Poi le due stagioni in Turchia, all'Osmanlispor, ancora più lontano dalla sua terra e ormai distante dal grande calcio europeo.

Il ritorno in Ligue 1 lo scorso anno è stata una rinascita. Nel Metz dimostra di saper segnare ancora. Ora a 29 anni, un'altra prova con la maglia del Benevento. Una sfida: quella di cercare la salvezza con la maglia delle streghe. Per ora gli sono bastati 12' minuti per far capire le sue doti. Sgraziato e con poca finezza tecnica, ma padrone dell'area.
 
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