Calcioscommesse, il gip: arresti ingiustificati. Strigliata ai pm: «Non c’è pericolo di fuga»

Calcioscommesse, il gip: arresti ingiustificati. Strigliata ai pm: «Non c’è pericolo di fuga»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 23 Maggio 2015, 08:30 - Ultimo agg. 17:25
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Non c’è il pericolo di fuga, né il pericolo di inquinamento delle prove per tre indagati. Mentre per Mario Moxedano, uno dei target iniziali dell’inchiesta sul calcioscommesse, viene meno l’aggravante di aver agito con i favori delle cosche calabresi.



Eccole le conclusioni dei gip Ferrigno e Risolo (Tribunale di Napoli e Aversa), sulle convalide di quattro indagati fermati martedì scorso. Se il gip Ferrigno decide di scarcerare i tre arrestati dallo Sco in città, il collega di Napoli nord tiene in cella Mario Moxedano, facendo però cadere l’aggravante mafioso. Partiamo dal ragionamento del gip Ferrigno. Pur riconoscendo la fondatezza dell’assunto investigativo, «buono a svelare degrado e marciume nello sport nazionale», il gip napoletano è severo verso la decisione del pm di Catanzaro di avvalersi dello strumento del fermo, senza passare per una richiesta di ordinanza cautelare dinanzi al giudice: «È evidente che l’adozione della misura precautelare finisce col costituire una forzatura, che sottrae al ponderato vaglio del giudice naturale il complessivo compendio delle risultanze investigative in una frammentazione di posizioni che penalizza la organicità della ricostruzione analitica dei fatti oggetto del procedimento da parte del giudicante costretto, nei contingentati tempi previsti per legge per la adozione della decisione, ad una forzata sintesi della significativa mole degli atti di indagine in questione».



Tutto chiaro? Al di là della prosa tecnica, il giudice bacchetta la decisione della Procura di Catanzaro di emettere cinquanta fermi - di oltre 1200 pagine - costringendo i Tribunali di mezza Italia ad affrettarsi a decidere in poche ore su una «voluminosa attività di indagine». Come a dire: perché non chiedere misure cautelari, seguendo le vie ordinarie? Eccolo il retroscena che spinge il gip a scarcerare Raffaele Moxedano (difeso dai penalisti Emilia Granata e Luigi Senese), di Emanuele Marzocchi (difeso dagli avvocati Eduardo Chiacchio e Angelo Vignola) e di Salvatore Astarita (difeso dagli avvocati Rosario Cristiano e Gennaro Parisi).



Eppure, stroncature a parte, c’è la convinzione che l’inchiesta sia fondata, tanto da condividere in pieno alcune valutazioni del pm di Catanzaro: «L’indagine in questione, che non è la prima e che non sarà probabilmente l’ultima, ha il merito di puntare il dito contro il degrado ed il marciume del mondo sportivo e in particolare di quello del calcio in cui nella generale ipocrisia, al di là del temporaneo clamore mediatico, a dettare legge non sono le sane regole dello sport e della competizione atletica ma quelle dell’interesse, della speculazione e del guadagno». Poi, viste le posizioni minoritarie dei tre indagati, il gip napoletano non ha dubbi nello scarcerare i tre indagati.



Una decisione diversa è stata invece assunta dal gip del Tribunale di Napoli nord Risolo, a proposito di Mario Moxedano, uno dei presunti perni dell’inchiesta che dalla Calabria arriva fino alle gesta della Neapolis di Mugnano. Stando alla valutazione del gip, cade l’aggravante del fine mafioso, in relazione ai contatti con la ’ndrangheta di Lamezia Terme targata clan Iannazzo: difeso dai penalisti Luigi e Saverio Senese, il patron della Neapolis resta in cella a Secondigliano per associazione e frode sportive, anche se per lui viene meno l’accusa che ha fatto da genesi dell’indagine: i presunti legami mafiosi con le cosche per truccare le partite.