Il mal di pancia
di Koulibaly

di Pino Taormina
Giovedì 9 Giugno 2016, 15:21 - Ultimo agg. 16:15
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Se Kalidou Koulibaly pensa di andar via perché "il club non si è fatto ancora vivo" significa che ha già alle spalle qualcuno che è pronto a coprirlo d'oro (quasi certamente il Chelsea). D'altronde, il metodo è un classico del pallone: si getta il sasso nel lago, lasciando intendere di avere un un po' di mal di pancia. Espressione gergale che riassume questo concetto: mi trasferirei anche altrove, visto che dalle mie parti non mi danno i soldi che penso di meritare di poter guadagnare. Poi, eventualmente, si fa sempre in tempo a ripensarci. 

Il calcio è così: difficile mettere freno allo strapotere dei quattrini, alla faccia del fairplay (non solo quello finanziario). Nessuno di quelli che al mondo fa un mestiere diverso dal calciatore si sognerebbe, ogni dodici mesi, di bussare alla porta del proprio datore di lavoro a chiedere un aumento. Ogni anno. Si dirà: beh, però ha disputato una stagione fantastica. E ci mancherebbe pure. Difficile pensare che, al momento della firma sul contratto da 800 mila euro per cinque stagioni (scadenza nel 2019), De Laurentiis pensasse di aver ingaggiato uno che segnasse un autogol a partita.

Attenzione, nel calcio non esistono Robin Hood ed è complicato trovare qualcuno che pensi di rispettare i contratti. Anche quelli più blindati di tutti. Eppure nessuno mette in discussione il proprio stipendio se alla fine del campinato la sua squadra arriva ultima o se accumula più errori che cose fatte per bene.

E' un viziaccio insopportabile del calcio, mettere sempre tutti in discussione. Soprattutto la parola data. Che poi è il contratto firmato. Il punto è che i trasferimenti sono un'opportunità per molta gente per fare molti soldi. Oggi un calciatore è un prodotto attorno al quale c'è un mucchio di persone che cerca di ottenere delle commissioni. 

 
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