Nei giorni scorsi, sul tavolo del pm Fabio De Pasquale è arrivata una relazione della Guardia di finanza su tre «segnalazioni di operazioni sospette» trasmesse dall'Unità di informazione finanziaria di Bankitalia alle Fiamme Gialle e con oggetto la vendita del Milan all'imprenditore cinese Yonghong Li, all'esorbitante prezzo di 740 milioni di euro.
La prima relazione della finanza conterrebbe una valutazione neutra del passaggio di denaro avvenuto negli ultimi mesi e non segnalerebbe alcuna ipotesi di reato.
Al momento, le Fiamme gialle non hanno ottenuto alcuna delega e la relazione non è stata neppure inserita in un fascicolo. Sabato, dopo la pubblicazione delle prime indiscrezioni, il procuratore capo Francesco Greco ha spiegato che «allo stato non esistono procedimenti penali sulla compravendita dell'A.C. Milan», lasciando aperta la porta ad una ulteriore valutazione, nelle prossime ore.
A far scattare il campanello d'allarme sarebbe stata l'entità degli importi e la tormentata tempistica per chiudere l'operazione. Il 5 agosto 2016 Fininvest firma il preliminare di vendita del 99,93% del Milan con Sino-Europe Sports, il fondo rappresentato da Li Yonghong e Han Li, che versa la prima caparra da 100 milioni di euro.
Ma, dopo mesi di stop-and-go, la cessione si chiuderà nell'aprile del 2017, grazie ad un prestito di 300 milioni dall'hedge fund americano Elliott, con un tasso di interesse dell'11,5% da saldare entro ottobre 2018.
Insomma, il più ingente investimento nel calcio cinese è stato sostenuto con fondi offshore, senza la benedizione di Pechino, sotto la guida di un businessman che in Cina è poco noto. È stato però proprio l'avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, a presentarsi ai pm per chiarire la posizione del gruppo, che ha seguito i consigli dell'advisor Rotshild.