Moviola e finti “sgub”: così Biscardi creò la commedia del calcio

Moviola e finti “sgub”: così Biscardi creò la commedia del calcio
di Matteo Sorio
Domenica 8 Ottobre 2017, 12:35 - Ultimo agg. 20:06
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«Tacitamente, freudianamente». Era il ’94, ovviamente un lunedì sera, riuscì a infilarci due avverbi così, pam pam, uno dopo l’altro e magari l’argomento era uno stop di Tramezzani. Della serie: Aldo Biscardi, basta(va) la parola. Tipo? «Gombloddo», presa in prestito e senza diritto di riscatto pure da un premier (Renzi, per la cronaca). Ma soprattutto: «Sgub», cioè scoop dall’inglese al Biscardiano. Scoop veri, come il n.1 degli arbitri Giulio Campanati che nel 1989 sceglie il Processo per una serena e pacata discussione sull’intolleranza popolare verso i fischietti (quando capì a cos’andava incontro la puntata era già iniziata) o come Berlusconi che nel 2009 conferma in esclusiva – episodio tutt’altro che isolato: le redazioni costrette a ribaltare una pagina per colpa di Biscardi – che Kakà no, non lascia il Milan per il Manchester City: «Bresident, ti rringrazio perché questa è un autentic’ bbomb…». E scoop tarocchi, patacche, insomma quella roba lì: un fantomatico silenzio stampa di Mazzone risolto da Maurizio Costanzo («Aldo, c’è Carletto in linea, te lo passo…», «Oh, Biscardi, ma perché succedono sempre ‘ste cose?», «E scusa, Carletto, allora com’è nata questa notizia?», «Ma se l’hai data tu…!!!»), una storica incursione nell’albergo azzurro a Euro 2004 («Siamo riusciti ad avere la dichiarazione di una cameriera al piano: ci ha detto che Del Piero teneva la stanza molto ordinata»), un collegamento da Roma con Gascoigne («In esclusiva abbiamo Gascoigne che per la prima volta entra nel centro di produzione Rai di via Teulada!») e non stiamo a parlare delle bombe di mercato (c’è stato un tempo in cui il Milan stava per saccheggiare la Spagna, Raul e Figo insieme, alé). Iniziava quasi sempre così: «Vi darò un nome…», poi la pubblicità (vecchia lezione, tienili lì…) e poi di nuovo in diretta. Lì al Processo, in diretta, il Biscardiano («sarò presente con i miei limiti dialettici», così lanciò una vecchia stagione) era un esercizio consapevole: «Al Milan hanno negato un rigore piramidale»; «L’Inter ha vinto lo scudetto ma questo è stato un campionato anomalo, ci sono queste battutine, chi la vuole così, chi la vuole colì»; «Oggi le polemiche fioccano come nespole»; «Guardate, Ganz ha fatto un tuffo alla Eleonora Duse»; «Trapattoni non è come gli altri allenatori che sottopongono gli uomini agli schemi»; «Quello ci andava con la paura, con i muscoli mosci». E in tutto quel genere – una commedia dell’arte applicata al calcio, è stato scritto – i cult.

 
 


La storica lotta per la moviola in campo: «Ci appoggiano tutti! Ci chiamano da tutte le federazioni, dalla Federazione francese ci ha telefonato anche Platinette!». Lo studio televisivo come il bar sport: «C’è qualche tafferuglio, vedo che portano via qualche telespettatore»; «Non parlate tutti insieme, massimo due o tre per volta»; «Non sovrapponetevi, altrimenti i vocioni trombano!». Fino all’apice della vis popolare, cioè i processi agli azzurri del calcio: «Gli italiani hanno intasato il centralone della Fifa!» (vedi il Mundial dell’arbitro Moreno), «Oggi siamo usciti dagli Europei dopo essere già usciti a fischi e peperonate con la Corea», «Un giocatore che canta l’inno non può dirsi… diciamo una parola grossa… degno d’indossare la maglia della Nazionale!». Fradelli d’Idaglia. Gli domandò un giorno Alain Elkann: «Come vivrebbe lei senza calcio?». Risposta: «Non posso dirlo perché non ho mai vissuto». Più che dare notizie, la notizia era lui.
 
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