Moxedano, l'ex vicepresidente del Napoli che si vendeva la sua Mugnano

Moxedano, l'ex vicepresidente del Napoli che si vendeva la sua Mugnano
di Ferdinando Bocchetti
Mercoledì 20 Maggio 2015, 10:52
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MUGNANO. Il calcio, l'edilizia, le sale bingo, l'arresto. Si è consumata nell'arco di venticinque anni la parabola di Mario Moxedano, patron del Neapolis Mugnano, finito in manette all'alba di ieri assieme al figlio-calciatore Raffaele e al direttore sportivo del club Antonio Ciccarone. L'accusa mossa dai giudici della Procura di Catanzaro è di quelle pesanti: associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. In parole povere, partite truccate, combine che riguarderebbero la stagione sportiva appena archiviata. I magistrati calabresi hanno focalizzato la loro attenzione su cinque incontri disputati dalla formazione presieduta da Moxedano: Hinterreggio-Neapolis, Montalto-Neapolis, Neapolis-Akragas, Neapolis-Sorrento e Due Torri-Neapolis. Gare del campionato di serie D, tutte giocate tra il settembre e il novembre del 2014. L'inchiesta, denominata trae origine da un'intercettazione di un pericoloso boss della 'ndrangheta calabrese, Pietro Iannazzo, che avrebbe avuto - secondo la ricostruzione degli inquirenti - rapporti privilegiati proprio con l'imprenditore di Mugnano, fratello di Franco, ex assessore del Comune di Napoli e candidato alle prossime elezioni regionali.



Mario Moxedano, il globe trotter del calcio campano, l'uomo che ha costruito le sue fortune grazie ad alcuni business edilizi realizzati in quel di Mugnano, suo feudo storico, è noto nell'ambiente calcistico per il suo piglio autoritario e i litigi consumati a più riprese, in campo e fuori, con allenatori, calciatori, tifosi e addetti ai lavori. Fama da mangia-allenatori, Moxedano ha legato il suo nome anche ad un altro inquietante episodio: nel marzo del 2012 venne squalificato per alcuni mesi per aver colpito, al termine di una partita di campionato, con calci e pugni un proprio tesserato. È stato vicepresidente del Napoli nel '94, per un breve periodo, quando Corrado Ferlaino lasciò la guida del club. Portò Boskov sulla panchina azzurra, licenziando Guerini. Ha poi coltivato il sogno di creare una seconda squadra nel capoluogo partenopeo. Sogno che, probabilmente, è svanito all'alba di ieri, quando sono scattate le manette per lui e il figlio Raffaele, capitano della formazione che disputa le proprie gare casalinghe al Vallefuoco di Mugnano, già calciatore della nazionale universitaria nel 2011.



Di presunte combine si era parlato anche nell'autunno del 2011, ma i sospetti caddero nell'arco di qualche settimana. È di qualche anno prima, invece, la querelle con la famiglia La Peccerella, i primi ad aver registrato il brand Neapolis e ora interessati a non essere invischiati nella vicenda. «Vogliamo evitare - spiega Armando La Peccerella - che si generi qualsiasi tipo di confusione: il marchio della nostra società sportiva è stato registrato nel 1990. Non c'è alcun nesso, dunque, tra noi e il club di Moxedano. Nel 2007 abbiamo anche avviato un contenzioso giudiziario: Moxedano poteva utilizzare la denominazione Neapolis solo se anticipata o posticipata da un altro sostantivo». Moxedano, che quest'anno era tornato a Mugnano dopo le parentesi non proprio felici di Torre del Greco e Frattamaggiore, era in trattativa per rilevare il Savoia, la squadra di Lega Pro, nel 1999, aveva condotto fino alla promozione in serie B.
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