«Noi, i sette di Empoli,
​l'altra squadra di Sarri»

«Noi, i sette di Empoli, l'altra squadra di Sarri»
di Bruno Majorano
Giovedì 15 Febbraio 2018, 09:19
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Inviato a Empoli

Non è cambiato solo l'allenatore. Anche il campo di allenamento non è più lo stesso. «I primi anni - spiega Angelo Briganti - ci mettevamo all'uscita degli spogliatoi e aspettavamo la squadra, così che Maurizio si potesse fermare qualche minuto a parlare con noi prima di mettersi dietro ai suoi ragazzi». Lo chiamano per nome, come fosse uno di famiglia. E d'altra parte Sarri a Empoli è rimasto tale: molto più dell'allenatore che li ha riportati in serie A. «È un maestro di calcio», aggiunge Angelo con un sorriso grande come tutta la Toscana. Lui e altri sei o sette amici erano la «seconda squadra» di Maurizio Sarri, quella che lui allenava con le parole ogni santo giorno. «Se non ci vedeva era preoccupato - racconta Flavio Ingargiola - al punto tale che se c'era il giorno di allenamento a porte chiuse, si affacciava fuori dallo stadio e ci gridava: Che fate lì fuori, io vi voglio dentro. E così noi ci appostavamo a bordo campo e seguivamo tutto». L'uomo prima di tutto, e a Empoli lo hanno amato - e lo amano ancora - soprattutto per questo. Una persona di cuore che non ha mai negato una foto o una parola a chiunque gli si fosse avvicinato. Per strada, non soltanto al Castellani o al centro sportivo di Monteboro, Maurizio Sarri si sentiva a casa e oggi questo affetto è diventato trasversale. A Empoli, infatti, i suoi amici tifano Napoli. «Se dovesse vincere lo scudetto saremmo tutti contentissimi - aggiunge Flavio - anche perché tra gli azzurri ci sono tanti ex giocatori dell'Empoli».

Intanto la squadra che è al vertice della classifica di serie B sotto la guida di Andrea Andreazzoli, fa il suo ingresso in campo per l'allenamento pomeridiano. Sono almeno in cinquanta ad assistere alla seduta. Applausi ai ragazzi che hanno vinto sabato scorso in casa dell'Ascoli e poi orecchie puntate verso quei tre o quattro che commentano l'ultimo successo del Napoli. «Sabato sera ci è venuta la pelle d'oca a vedere quella partita», ammette senza vergogna Bruno Seri. «Quell'azione spettacolare che ha portato al gol di Mertens contro la Lazio non ci ha sorpreso: la vedevamo tutte le settimane qui davanti ai nostri occhi». La mano di Sarri è rimasta la stessa, come l'affetto di questa gente che lo ha visto crescere e specifica «quando era ancora Maurizio e non Sarri». Non mancano i rimpianti, ovviamente. Su tutti quelli di Gaetano Cinelli. «Ricordo perfettamente che disse al presidente: Rimango se mi prendi un paio di giocatori senza vendere nessuno e poi vi porto in Europa. Corsi non poteva accontentarlo e così lui ha scelto Napoli». Per il bene anche dello stomaco di Gaetano. «Grazie a Maurizio ho vinto un anno di gelati gratis con un amico di Scario: io lo avevo rassicurato sulle qualità dell'allenatore che aveva preso il Napoli, ma lui non mi credeva e allora abbiamo fatto una scommessa che ho vinto».

Angelo Briganti, poi, ricorda di quando il Castellani era diventa la meta di pellegrinaggio di tutti gli allenatori d'Italia. «Organizzavano pullman per venire a vedere i suoi allenamenti. Complice anche la vicinanza con il centro tecnico di Coverciano, poi, era un viavai continuo. A noi dava un grandissimo gusto vedere l'Empoli giocare così bene, ma anche il nostro allenatore diventare sempre di più un punto di riferimento per un'intera categoria». È proprio con Angelo che Sarri, pardon Maurizio, si è fatto immortalare nell'ultima foto al Castellani prima di approdare al Napoli, perché quelli lì erano i suoi amici, prima ancora che i suoi tifosi.

Per non parlare della scaramanzia. «Ha portato per settimane le stesse scarpe - raccontano insieme Flavio Ingargiola e Vincenzo Valori - e, se pure si rompevano, lui le sistemava con lo scotch pur di non cambiarle. Così come la giacca a vento che sul retro era completamente bruciata dal calore delle sigarette».
 

Un aneddoto anche sul mercato e su un giocatore che Sarri ha allenato ai tempi dell'Empoli. «Ricordo perfettamente cosa mi disse di Verdi», dice ancora Flavio. «Per Maurizio aveva ottime gambe ma era ancora un po' ragazzino, chissà che adesso non abbia cambiato idea: per questo lo voleva al Napoli». Tutti aneddoti raccontati prima o dopo gli allenamenti, durante quegli interminabili colloqui che si trasformavano spesso e volentieri in cene a base di calcio ma non solo. Loro sono rimasti lì a seguire l'Empoli, ma oggi il cuore è sempre un po' diviso a metà perché l'amico Maurizio non si dimentica e quando in campo c'è il Napoli, un pensiero ritorna a quelle stagioni passate insieme. A quelle chiacchiere infinite e quella famiglia adottiva che anche da lontano continua a fare il tifo per lui.
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