Nidi, fondi per 30mila posti: ai sindaci basta accettare

Asili nido
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Marco Espositodi Marco Esposito
Mercoledì 8 Maggio 2024, 07:26 - Ultimo agg. 13:34
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Si cambia. I fondi per realizzare asili nido non saranno più assegnati a bando, cioè con concorsi dove c'è chi vince, chi perde e chi neppure partecipa lasciando i cittadini privi di servizio, ma direttamente consegnati ai sindaci dove il servizio è carente, cioè inferiore al livello essenziale di prestazione fissato dal 2022 a 33 posti ogni 100 bambini di età 3-36 mesi. Il ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti hanno firmato un provvedimento che recupera 735 milioni di euro e li mette a disposizione di 401 Comuni, con l'obiettivo di realizzare oltre 30mila nuovi posti.

La Campania, ma era inevitabile, fa la parte del leone con quasi un quarto del totale visto che è il territorio più lontano dagli obiettivi di servizio: sono 93 i Comuni campani che riceveranno l'invito ad attivare i fondi, per un totale di 158 milioni di euro e 6.588 posti. I sindaci coinvolti hanno tempo per accettare fino al 31 maggio.

Il paradosso

Il nuovo Piano per gli asili nido, che si inserisce nel Pnrr, contiene due novità positive e alcuni elementi critici. La prima, importante innovazione è, come si è detto, abbandonare la logica concorsuale che nei bandi già attivati ha portato esiti paradossali, con ben 1.800 Comuni italiani che in base alle analisi dell'Ufficio parlamentare di Bilancio hanno disertato i bandi lanciati a fine 2022 nonostante avessero necessità di nuove strutture per garantire il livello minimo di posti per i bambini sotto i tre anni d'età.

Del resto se un servizio è Lep, cioè fa parte delle «prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», non può essere facoltativa la sua attivazione. Un principio sottolineato dalla Corte costituzionale che non a caso ha chiesto il commissariamento dei municipi che non garantiscono il livello essenziale.

La seconda innovazione con effetti positivi è che si esce dalla logica dei riparti regionali, visto che l'asilo nido è un servizio di prossimità, quindi prettamente comunale. I bandi di fine 2022 invece assegnavano le risorse sulla base di gabbie regionali, peraltro costruite con criteri che penalizzavano le regioni più popolose, a partire proprio dalla Campania. Il decreto richiama il vincolo del Pnrr del 40% minimo al Sud, tuttavia in tale caso le risorse per il Mezzogiorno vanno ben oltre tale soglia di legge e superano il 62%, in linea con i divari esistenti.

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Le inconguenze

Anche il nuovo Piano nidi, tuttavia, contiene alcuni elementi critici se non vere e proprie incongruenze, visto che arriva a finanziare più Bologna, che già ha un servizio adeguato, di Reggio Calabria. I Comuni destinatari dei fondi sono stati individuati in base a due parametri: servizio fornito al di sotto del 33% minimo di legge e platea potenziale di almeno 60 bambini, per cui il 33% equivale a un asilo nido di 20 bambini. Il numero di posti da attivare però non è quello effettivo necessario per il 33%, ma un parametro fisso legato alla fascia di popolazione adulta, maggiorato se la distanza dal 33% è alta. Un criterio "a scalini" che quindi inevitabilmente crea disparità a seconda della soglia raggiunta o mancata per poco. Un meccanismo che produce approssimazioni, ma che diventa illogico se affiancato all'eccezione che si fa per i quattordici Comuni capoluogo di città metropolitane, i quali ricevono stanziamenti indipendentemente dalla copertura del servizio. Il risultato è che Milano e Roma guidano la classifica dei fondi per costruire i nidi che mancano, nonostante ne abbiano già a sufficienza, e che Torino riceve gli stessi 7,2 milioni per 300 posti di Napoli e di Palermo, a dispetto delle diverse condizioni di partenza. Fino al caso di Bologna e Firenze, città modello in Italia per la cura dell'infanzia, che si vedono assegnare più quattrini di Reggio Calabria. Se può avere una logica, come si legge nel decreto, che per i grandi capoluoghi sia necessario potenziare il servizio anche se il 33% è già raggiunto, non si comprende perché i Comuni capoluogo in ritardo non ricevano almeno gli incrementi previsti per i centri non capoluogo.

Lo scorrimento

Il secondo aspetto critico è che la lista dei Comuni è costruita a scorrimento, per cui in caso di rinuncia di qualche ente si passa ai successivi. Al momento la linea degli ammessi al finanziamento comprende i 14 Comuni capoluogo metropolitano e 387 Comuni ordinari, per un totale di 401. Ma cosa succede se, per esempio, Giugliano dovesse rinunciare ai suoi 6 milioni per realizzare 252 posti? In base al Piano, si apre spazio per Cavallino, in provincia di Lecce, primo degli esclusi, così come per i campani San Gennaro Vesuviano, Parete, Calvizzano. Ma la logica del Lep, spiegata dalla Corte costituzionale, obbligherebbe il governo a commissariare il sindaco che di fronte all'offerta di risorse facesse spallucce, e non a dirottare i fondi verso altri territori.
C'è poi un problema ulteriore e cioè cosa fare per i 1.500 Comuni idonei entrati in graduatoria ma che devono sperare nello scorrimento. In tale caso però lo scoglio non è la costruzione del Piano bensì la disponibilità di risorse. Se si considera che il Pnrr aveva stanziato su tale capitolo ben 2,4 miliardi, finiti in larga parte ad enti già dotati di servizi sufficienti ma rapidi nella presentazione del progetto in occasione del bando, è evidente l'errore commesso nella prima fase. Errore che sarebbe stato ancora più costoso se l'Unione europea non avesse bloccato i progetti di riqualificazione, demolizione e ricostruzione che non portavano neppure un nuovo posto. Segno di come sugli asili nido - servizio indispensabile sia per la formazione dei più piccoli sia per le famiglie - cambiare rotta fosse necessario.

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