Il brindisi di Lotito: non ho paura della B

Il brindisi di Lotito: non ho paura della B
di Alfonso Maria Avagliano
Lunedì 27 Aprile 2015, 00:00 - Ultimo agg. 09:10
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SALERNO - Il day after è magico, sempre. Figurarsi per uno come Claudio Lotito che alle feste dopo i trionfi è abituato, non altrettanto a godersele appieno come ha fatto ieri. Grazie alla Salernitana, passa in secondo piano pure l’indigesto gol di Paloschi che ha costretto la sua Lazio al pari interno ieri, contro un combattivo Chievo. «Avete visto quanta gente per strada? Sono contento, significa che la piazza ci tiene in considerazione», dice il co-patron nel terminare una lunga chiacchierata, mentre esce dall’Olimpico. Il cappotto che indossa è sempre quello marrone chiaro sfoggiato ultimamente all’Arechi, forse intriso ancora di profumo di festa. Di quelli indimenticabili, che si potranno riassaporare il 9 maggio contro la Casertana. «Porterò anche mio figlio Enrico e mia moglie Cristina», annuncia. Il legame tra la famiglia Lotito e la piazza è di quelli solidi, come «le realtà» che vende il “capofamiglia”.



Presidente, come è stato risvegliarsi in serie B?

«Sono arrivato alle 4 a casa. Più che svegliarmi, questa mattina (ieri, ndr) sono andato a dormire. Con tanta soddisfazione, perché siamo riusciti a coronare un progetto programmato quando arrivammo a Salerno. Avevo detto che in cinque anni avremmo riportato la squadra nel calcio che conta, abbiamo mantenuto gli impegni anche in anticipo. Con esborsi economici importanti, perché abbiamo riacquisito subito anche i segni distintivi».

Che voto si assegna, dunque, in questi quattro anni salernitani?

«Non voglio darmi voti, il merito è di tutti quelli che hanno dato il loro apporto e la loro esperienza in questi anni. Non vorrei dimenticare anche i momenti della serie D, quando non avevamo nulla e ci appoggiavamo in albergo come quartier generale. Persone come Perrone, ad esempio, si sono rese disponibili in quel momento di precarietà e non era facile. Poi in progress abbiamo costruito tutto il resto».

I primi trofei della storia granata, tre campionati, una società credibile e organizzata. Numeri e fatti dicono che lei è stato sempre lungimirante. Se non è cambiato, vuol dire che le manovre per il futuro stanno già iniziando.

«Con tutta franchezza, è un problema che affronteremo quando ci sarà la necessità. Ora abbiamo ancora due partite di campionato e poi la Supercoppa, che è un obiettivo importante».

Dopo il trionfo, sabato, ha detto che in B «non saremo primi, ma nemmeno ultimi»...

«Ho detto che noi non siamo abituati a essere ultimi. Vede, la vita è come un film: c’è chi sceglie di essere spettatore, chi vuol fare la comparsa e chi il protagonista. Noi di certo non facciamo gli spettatori e non vogliamo arrivare ultimi. Ma le partite vanno tutte giocate, sempre. Diamo tempo al tempo, per ora cerchiamo di non bruciare subito l’entusiasmo che si è creato in questo periodo. Godiamoci questo successo. Premio promozione? Non riguarda la stampa, dico solo che manteniamo sempre gli impegni che prendiamo».

Impegni maggiori in cadetteria, ma cresceranno anche gli introiti. Poi c’è il nodo legato all’articolo 16bis delle Noif. In questo momento per lei è un primo punto di arrivo del suo progetto sportivo-imprenditoriale, oppure una tappa intermedia?

«Perché una tappa intermedia? L’esperienza acquisita mi porta ad avere capacità di affrontare tutte le situazioni, senza problemi. Abbiamo strumenti per affrontare con serietà e progettualità. Non ci spaventiamo di organizzare un campionato di B: per ora ho una squadra in Serie A e una che è stata appena promossa in B, affronterò i problemi quando ci sarà necessità e in funzione delle proiezioni future».






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