La favola di Diego Maradona
a Napoli sporcata dai soldi

La favola di Diego Maradona a Napoli sporcata dai soldi
di Vittorio Del Tufo
Domenica 2 Luglio 2017, 13:13 - Ultimo agg. 13:22
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Maradona, dunque, riceverà una somma tra i 230 e i 250mila euro per diventare cittadino onorario di Napoli. Così, questa lunga storia d’amore e di passione diventerà, per una sera, un’operazione commerciale. Nessuno stupore, però è bene chiamare le cose con il loro nome.

Ci saranno - prima, durante e dopo l’evento del 5 luglio in piazza Plebiscito - contratti, ospitate, comparsate ed «eventi collaterali» attraverso i quali gli sponsor reclutati in tutta fretta dal Comune garantiranno al campione argentino una contropartita in denaro. La favola diventa business, marketing. Diventa uno show destinato a muovere denaro, piegato cioè a interessi economici. Diventa, soprattutto, un’operazione dal forte incasso mediatico e politico per il Comune che, prestandosi all’operazione commerciale (senza sganciare un euro) utilizzerà, come carburante, i sentimenti di un popolo e di una città.

Avremmo preferito raccontarla in modo diverso questa cittadinanza onoraria al grande campione. E, poiché siamo degli ingenui, avevamo sperato che non fosse previsto alcun compenso per Maradona. E che quest’ultimo accettasse di venire a Napoli a ricevere l’onorificenza - cioè un regalo prezioso, una medaglia da appuntare sul cuore - gratis et amore Dei. Senza percepire, cioè, il becco di un quattrino. In nessuna forma.
Per quale motivo? Per prima cosa, va detto che l’onore è reciproco. Veder giocare l’immenso Diego al San Paolo per sette stagioni di seguito è stato un grande onore per noi napoletani. Abbiamo conosciuto, grazie al lui, la stagione della gloria. Una gloria di cui ancora oggi ci nutriamo, abbeverandocene spesso perché, in fondo, siamo rimasti assetati e a digiuno, da allora, di grandi successi. Perciò è giusto spellarci ancora le mani per il Dio del Calcio che ha reso possibile quel riscatto, acclamarlo ancora (anche se sono passati trent’anni dal primo mitico scudetto del Napoli, e forse è venuto il momento di guardare avanti a noi, e non soltanto dietro di noi). È giusto suggellare ancora una storia d’amore che dura da 33 anni. Purché resti, appunto, una storia d’amore. E non una storia d’amore macchiata dai soldi.

Onore immenso, vivere i giorni di Diego. Ma anche ricevere la cittadinanza onoraria di Napoli, per Maradona, è un grandissimo privilegio. Per la storia, la grande cultura e la struggente bellezza di una terra unica al mondo. Che ha amato (e ama) talmente il Pibe da perdonargli anche gli eccessi, e tanti comportamenti sopra le righe. Per questo, è bene ribadirlo, sarebbe stato meglio, meglio per tutti, che al pari di Alessandro Siani, direttore artistico dell’evento del 5 luglio, anche Maradona avesse deciso di partecipare alla festa del Plebiscito a titolo assolutamente gratuito. E lo avesse dichiarato pubblicamente.

E invece molte ombre si allungano sull’onorificenza a Diego. Il Comune, che non ha i soldi nemmeno per comprare le lampadine, continua a ripetere che non tirerà fuori un euro. Salvo poi far capire che, dei risvolti economici, si occuperanno gli sponsor. Questo non sposta di una virgola il problema, anzi riveste il tutto di una patina di ipocrisia. Siamo al populismo sportivo, che è una variante del populismo in senso assoluto. «Diego, figlio di Napoli, merita rispetto senza populismi», ha osservato venerdì Francesco De Luca su queste colonne. De Magistris, un vero talento nell’intercettare le ricadute mediatiche di un evento che lo vedrà presente sul palco a braccetto del Pibe, ha fiutato ancora una volta l’incasso politico che ne potrebbe derivare e ha deciso di attivarsi. D’altra parte il populismo, da ormai molto tempo, è il motore che fa muovere i mulini della politica, il grano che produce la pasta del consenso, soprattutto a Napoli: quindi di cosa stupirci, di cosa scandalizzarci?
A questo punto però, e al netto delle strumentalizzazioni politiche, pensiamo che sia legittimo pretendere, a tre giorni di distanza dalla serata, che vengano chiariti tutti i punti ancora oscuri, le zone d’ombra relative soprattutto alla questione del compenso. È necessario spiegare, voce per voce, chi finanzierà l’allestimento dello show al Plebiscito; chi pagherà le spese di una festa popolare organizzata in fretta e in modo raffazzonato. E quali partite di giro si nascondono, se si nascondono, dietro questa ben strana e pasticciata operazione-nostalgia.

Questa storia, nata male, rischia di finire peggio. Due mesi fa si ipotizzò una grande festa al San Paolo per celebrare il trentennale del primo scudetto unendo il Napoli di oggi e quello di ieri. La festa c’è stata, ma le porte dello stadio sono rimaste chiuse per la città e per le stesse ex glorie del Napoli. Ricordiamo tutti la foto di un imbarazzatissimo Bruscolotti davanti al San Paolo. Un pasticcio, l’ennesimo corto circuito tra la società e il Comune (delle cui liti sul San Paolo siamo francamente un po’ stufi) e una figuraccia per tutti. Poi il Comune è corso ai ripari puntando su piazza Plebiscito ma senza un piano preciso; tutto è avvenuto all’insegna della fretta e dell’approssimazione e senza alcuna chiarezza sui conti, sugli sponsor, sull’allestimento, sul piano sicurezza, sulle responsabilità. A tre giorni dall’evento l’impressione è che si navighi a vista. Anzi no, si naviga sui quattrini. Quelli che pioveranno a guastare la festa di un amore che doveva essere senza prezzo. Per lo scuorno di tutti.
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