Giochi 2014, Malagò non considera chiusa la partita: sponda del Cio, verifica su candidatura

Giochi 2014, Malagò non considera chiusa la partita: sponda del Cio, verifica su candidatura
di Alberto Gentili
Venerdì 30 Settembre 2016, 07:53 - Ultimo agg. 08:38
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ROMA Giovanni Malagò non alza bandiera bianca. A dispetto del no del Consiglio comunale, il presidente del Coni cerca ancora il modo per tenere in vita il sogno olimpico di Roma 2024. E non ritira la candidatura.
A spingere Malagò a un estremo tentativo è l'interesse mostrato da Thomas Bach, il presidente del Comitato olimpico internazionale, che martedì arriverà nella Capitale. A sorpresa ieri sera dalla sede del Cio è uscita una nota che lascia la porta aperta alla possibilità di tenere in vita la candidatura di Roma nonostante il rifiuto del Campidoglio: «Siamo consapevoli del voto del Consiglio comunale, così come siamo consapevoli del sostegno del governo italiano e della Regione Lazio alla candidatura. Aspettiamo di parlare con il Comitato promotore e con il Coni per chiarire queste circostanze politiche».

Una nota del tutto irrituale, dove si cita il sostegno della Regione Lazio a Roma 2024. E dove si fa capire che il Cio intende esplorare l'ipotesi di non escludere Roma dalla corsa olimpica, aggirando il rifiuto del Comune. Tant'è che Malagò ha messo immediatamente a verbale: «Non so se dopo il voto del Consiglio comunale si ferma la candidatura di Roma. Non è una decisione che posso prendere io, devo incontrare il presidente Bach martedì e vedremo. Però parto dal presupposto che una candidatura senza il consenso della città perde credibilità e aggiungo che è più unico che raro fermarsi a 3/4 della corsa. Ma questa candidatura è un tavolo a tre gambe: è indispensabile avere il supporto di governo, Comitato olimpico e Comune».

Così, se a Palazzo Chigi assicurano che «non si sta pensando alla nomina di un commissario ad hoc» (Renzi aveva detto di non essere intenzionato a «fare Olimpiadi contro»), al Comitato olimpico non considerano chiusa la partita. Dicono che Malagò con Bach verificherà se ci sono margini per andare avanti. Soprattutto ricordano i numerosi problemi che sta incontrando Virginia Raggi per l'esplodere del caso Muraro, per la difficoltà di completare la giunta, per le divisioni nei Cinquestelle, etc. «E se fra due-tre mesi ci ritrovassimo con il Campidoglio in crisi e un commissario prefettizio al posto del sindaco», dice una fonte accreditata, «sarà stato da incoscienti aver rinunciato senza lottare a una candidatura che ha grandi chance di successo».

IL DESTINO DEL SINDACO
Insomma, al Coni e non solo lì, ci si interroga sulla durata della Raggi. E si spera che Bach offra sponda a Malagò facendo un discorso che suoni più o meno così: La candidatura di Roma 2024 può andare avanti perché c'è il sostegno del governo e della Regione, perché c'è il sì convinto delle altre 11 città italiane candidate a ospitare parte delle gare olimpiche e perché dal Campidoglio nei mesi scorsi erano già arrivate garanzie». Prima da Ignazio Marino, poi dal commissario Francesco Paolo Tronca.

I precedenti di città candidate senza il sì del Comune non mancano. L'ultimo è quello di Madrid che nel 2009 arrivò a giocarsi la finale con Rio de Janeiro per l'aggiudicazione dei Giochi di quest'anno, nonostante mancasse il sostegno della Municipalità. In più la scadenza del 7 ottobre, data in cui il Cio attende la conferma della candidatura romana, potrebbe essere aggirata visto che ci sono le precedenti garanzie di Marino e Tronca e c'è il sostegno del governo. Dunque, si arriverebbe al 3 febbraio, giorno fissato dal Cio per la consegna del dossier per gli investimenti. «E allora chissà cosa sarà successo in Campidoglio...».

In attesa dell'incontro tra Malagò e Bach, Renzi si chiama fuori. Il premier, ieri sera, si è limitato a stigmatizzare una volta di più il rifiuto della Raggi: «Oggi è arrivato il no definitivo alle Olimpiadi. È legittimo, ma certo si fa una figuraccia a livello internazionale perché era una decisione presa. Ma quello che è più sconvolgente è dire che le Olimpiadi non si fanno perché c'è il malaffare. Un politico serio ferma i ladri, non le opere pubbliche: migliaia di posti di lavoro vanno persi sull'altare della rassegnazione. Ho letto che qualcuno ha detto: Non facciamo le Olimpiadi, ma con i soldi delle Olimpiadi aggiustiamo le periferie. Mi auguro che qualcuno li aiuti e li porti alla ragionevolezza: i soldi delle Olimpiadi, per definizione, vanno dove si fanno le Olimpiadi».