Consip, il procuratore Musti:
«In che pasticcio ci hanno messo?»

Consip, il procuratore Musti: «In che pasticcio ci hanno messo?»
Martedì 19 Settembre 2017, 21:13 - Ultimo agg. 20 Settembre, 08:36
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«Ma in che pasticcio ci sono andati a mettere?». Così il procuratore di Modena Lucia Musti - secondo quanto riporta il verbale della sua audizione al Csm dello scorso 17 luglio - si rivolge al procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, dopo che nel luglio del 2015 sul Fatto Quotidiano compare l'intercettazione della telefonata tra Matteo Renzi ed il generale della Gdf, Michele Adinolfi. L'intercettazione faceva parte dell'informativa dell'inchiesta Cpl Concordia che il pm di Napoli, Henry John Woodcock, aveva trasmesso alla collega di Modena. Su questa fuga di notizie, ma soprattutto sui contrasti interni alla procura per l'assegnazione delle inchieste Consip e Cpl Concordia, la prima commissione del Csm sentirà il prossimo 12 ottobre l'ex procuratore di Napoli, Giovanni Colangelo: a lui spettava l'ultima parola su tutto, comprese le intercettazioni nei confronti del padre di Renzi, Tiziano,altro argomento scottante. «Quando è successo questo inconveniente, chiamiamolo così, della pubblicazione degli articoli sul giornale, delle intercettazioni Adinolfi per intenderci - ricostruisce Musti - è lui (Woodcock, ndr) che ha chiamato me, non sono io che ho chiamato lui. Cioè lui mi ha chiamato per minimizzare, era piuttosto turbato, agitato, preoccupato e niente, mi ha chiamato lui e io non l'ho chiamato, perché io quando ho visto che è successo questo pandemonio ho pensato a capire in maniera fredda: 'Vediamo se è colpa nostra', nel senso: 'Ancora abbiamo fatto una sciocchezza noì, questo per me era importante». «Io - prosegue il procuratore - l'ho lasciato sfogare punto e basta. In realtà io ero piuttosto arrabbiata e a mia volta mi sono, tra virgolette, non sfogata perché non mi sfogo con nessuno, mi sono confrontata col procuratore Pignatone questo sì, con lui mi sono confrontata dicendo: 'Ma in che pasticcio ci sono andati a mettere?', sono sincera questo ho detto». Nella lunga audizione, durata quasi tre ore, Musti attribuisce al colonnello Sergio De Caprio (il Capitano Ultimo) e al maggiore Gianpaolo Scafarto (definito «un prezzemolo, era sempre in mezzo») alcune sue considerazioni sull'operato dei carabinieri. Ieri il magistrato aveva lamentato che le venivano attribuite «alcune affermazioni, anche virgolettate, che io non ho fatto ovvero che, per come riportate, non rendono in modo fedele quanto da me riferito al Csm». Ma cosa ha detto effettivamente il Procuratore? Parlando di una riunione svoltasi a Roma in una caserma dei carabinieri, «là - dice Musti - mi sembravano veramente molto spregiudicati questi Carabinieri, con un delirio di onnipotenza, soprattutto il colonnello e il capitano, perché poi c'era questo maggiore De Rosa che è quello che ha firmato l'informativa in questione, che mi sembrava più equilibrato, ma gli altri due erano veramente matti. Scusi matti no, erano esagitati, non mi piaceva neanche il rapporto con l'autorità giudiziaria che avevano, perché a me avevano detto: 'Dottoressa, lei se vuole ha una bomba in mano, lei se vuole può fare esplodere la bombà». Chi glielo disse questo?, chiede il consigliere Morosini. Risponde il procuratore: «Il colonnello De Caprio, mi disse: 'Lei ha una bomba in mano, se vuole la può fare esplodere'». Ma con riferimento a cosa?, viene chiesto al magistrato. «Ma cosa ne so consigliere? Cioè io non lo so perché erano degli esagitati. Io dovevo lavorare solo sulla Cpl Concordia punto, su quest'episodio di corruzione. Io dissi: 'Prima ci liberiamo di questo fascicolo e meglio è'... Nel frattempo secondo me il Colonnello pensava che io chissà cosa avessi potuto fare, forse il suo burattino nelle mani, io non lo so che cosa avesse nella mente il colonnello». La vicenda Consip non entra nelle conversazioni tra il procuratore e il colonnello De Caprio, mentre di quell'inchiesta parla al magistrato il capitano (ora maggiore) Scafarto. «Scoppierà un casino, arriviamo a Renzi», dice Musti riferendo la frase a lei detta da Scafarto.

Il Presidente della Commissione chiede: «Gli ha detto anche arriviamo a Renzi?». Risponde Musti: «Sì, perciò che io ho detto: 'Mamma mia, io di questo non voglio sapere nientè. Ovviamente lo dissi ai miei colleghi sostituti e dissi: 'Ragazzi, qua abbiamo fatto bene a liberarcene subito, perché questi sono dei mattì». Dal canto suo Scafarto oggi è tornato a ribadire la sua buonafede. «Creare prove fatte contro un indagato, chiunque egli sia, è davvero un gesto scellerato. Io in 23 anni di servizio non ho mai falsificato alcuna prova. Nell'informativa ci sono degli errori? Sicuramente, ma si tratta di errori», ha detto a Bersaglio Mobile, su La7. «Sono solo amareggiato, profondamente amareggiato - ha aggiunto - anche perché purtroppo questa vicenda reca pregiudizio all'Arma dei carabinieri che ho sempre servito e amato, come amo il mio Paese, d'altronde». Infine: la frase su Renzi? «Non ne ho ricordo proprio».

 

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