Mancini-Sarri. Perché Roberto che ci marcia fa vergogna

Mancini-Sarri. Perché Roberto che ci marcia fa vergogna
di Marco Ciriello
Giovedì 21 Gennaio 2016, 09:42
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Poi arriva Roberto Mancini, bianco in faccia, labbra tremanti, la faccia non intonata al foulard, e scarica la sua accusa, racconta le offese ricevute, e diventa un paladino dell’Occidente politically correct, fuori dal campo. Inverte le parti, il suo essere conservatore nei moduli di gioco e avanguardia senza pallone, con i microfoni, ma è un bluff.
 


Appare come un Giordano Bruno del calcio, trascina dalla sua parte giornalisti senza macchia né paura, fedeli al perbenismo interessato. Ma è una manovra sterile, una parata plastica su un tiro non insidioso. «Tuttosport» sposta l’asse della solidarietà da Parigi a Torino approfittando per farci il titolo – «Siamo tutti Mancini» – che però ricorda quelli del settimanale «Cuore» di Michele Serra (al ribasso, manca l’ironia).

Solidarietà pelosa senza nessun impegno o campagna reale contro la vera omofobia. Avesse usato Sarri – e la sua offesa – per chiedere quei diritti che mancano agli omosessuali in questo paese da sempre, sarebbe stato davvero un gran colpo. Ad analizzare Mancini – col beneficio della tensione – salta fuori che parla di razzismo confondendolo con l'omofobia (forse per estensione hitleriana), e che decide anche la pena rispetto alle scuse di Sarri: «non deve allenare più». È una storia di errori, maldestri e mancini. Errori che toccano tabù e mischiandosi diventano altro fino a pesare più del dovuto.

Ma le offese di Sarri a Mancini ci dicono molte cose sul calcio italiano. Tutte spiacevoli, perché, a dispetto di quello che pensano i tifosi delle due parti, non vince nessuno, e Sarri perde di più. E uno si chiede: Mancini è sempre stato così? Pronto a stemperare l'insulto, veloce a contestualizzare e rilanciare, ma allora bisogna farne un esempio, per scardinare il chiuso arretrato mondo del calcio, e invece si scopre che, come nel “Vigile” di Zampa, nella contrapposizione Sordi-De Sica, Mancini c'ha famiglia e prima c'ha precedenti, e quando si tratta della sua: i torti sono un po' meno torti, le offese sono un po' meno offese, e la pena? Neanche a parlarne. Quando il suo Mihajlovic dava del «bastardo negro» e della «scimmia di merda» a Vieira in Lazio-Arsenal, Mancini usciva dai panni di Giordano Bruno, dichiarando: «Nel corso di una partita, l'agonismo esasperato può portare a momenti di tensione e di grande nervosismo. Credo che anche qualche insulto ci possa stare. L'importante è che tutto finisca lì». E davanti allo striscione di San Siro “Napoli fogna d'Italia”: «Era solo uno sfottò, come ce ne sono ogni domenica su tutti i campi. Non è stato bello leggere certe scritte, ma non si è trattato di una cosa così grave».

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