Una sindrome da autodistruzione, proprio al cospetto dell'uomo, Luciano Spalletti, che aveva creato la squadra perfetta. «Lo può allenare chiunque questo Napoli», si era illuso 10 mesi fa De Laurentiis. Sì, certo, lo abbiamo visto. Eccolo il risultato: la squadra è la stessa, con Ostigard al posto di Kim e c'è un avversario, il Frosinone, che si prende gioco di lei, strappa in mille pezzi l'illusione del quinto posto e del ritorno in Champions. E tutto questo nel suo Maradona, davanti a 50mila persone che non hanno preferito le spiagge a questa fitta al cuore. E con sette acquisti, da giugno in poi, tutti altrove. Compreso Natan, l'erede del coreano. «Sappiamo bene quello che stiamo facendo», disse il patron in estate quando arrivo il ragazzino dal Brasile. Quindici gol presi nelle ultime 11 gare, la papera di Meret e il vuoto di Rrhamani e Ostigard come simbolo dell'annata nera. Nel 2024, solo con la Lazio, il portiere ha finito una partita senza prendere gol. Per il resto, la difesa è un disastro. Con un portiere, in questa era moderna, che deve pensare con i piedi, specialmente nelle squadre di Calzona, dove il titolare del ruolo è sollecitato al punto da diventare il libero aggiunto. Niente, il numero uno friulano si è fatto sorprendere. Anche se ha persino salvato dal tracollo su Seck. E senza dimenticare gli errori clamorosi davanti al portiere di Osimhen, più spesso alle prese con le questioni legate al suo futuro in questa stagione che segnerà il suo addio. Ne esce fuori un altro pomeriggio di scontento per il popolo azzurro, del suo cuore ferito. Pomeriggio di paroloni e parolacce. «A lavorare andate a lavorare». Loro, i calciatori, ci provano ad andare sotto le curve, ma stavolta non si avvicinano più di tanto. E anche gli steward in tribuna Posillipo, forse preoccupati, fanno da scudo all'uscita dei campioni d'Italia. La grande paura del mattino quando la squadra riunita a colazione, ha tremato per le scosse di bradisismo, nel ritiro sulla Solfatara, sembra poca roba rispetto ai brividi per quello che è successo. È un cupio dissolvi, non c'è nulla da fare: non c'è neppure tempo per psichiatri. È un'altra figuraccia memorabile: una squadra che scende in campo solo col corpo e non con la testa, e quel corpo lo usa per ciondolare sul prato, senza offrire nulla. Impossibile che si tratti di una semplice crisi di motivazioni o di preparazione atletica.
La caduta libera
I due gol di Cheddira, core ngrato, esploso nel Bari e destinato a tornare a Napoli, contro una difesa inesistente, l'incapacità degli azzurri di muovere il pallone a una velocità decente, tutti i protagonisti che sembrano i fratelli sfortunati degli stessi giocatori campioni d'Italia. La verità è che in tutto questo disastro, l'unico che potrebbe portare regole chiare e risultati è Antonio Conte, che rivoluzionerebbe Castel Volturno e il Napoli.