Sarri-Mancini, un'assurda bufera: oggi arriva il verdetto

Sarri-Mancini, un'assurda bufera: oggi arriva il verdetto
di Pino Taormina
Giovedì 21 Gennaio 2016, 09:00 - Ultimo agg. 09:03
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Sarà il giudice sportivo, oggi, a stabilire se quel «frocio» e «finocchio» che ha indignato mezza Italia e che Sarri ha urlato a Mancini nelle battute finali della gara di Coppa Italia tra Napoli e Inter, possa essere considerato una violazione all'articolo 11 del Codice di giustizia sportiva (che punisce i comportamenti discriminatori con un'inibizione di almeno 4 mesi), oppure semplicemente per quello che realmente è stato: un volgare insulto. Gianpaolo Tosel, dopo aver letto la relazione degli arbitri (il direttore di gara Valeri non ha assistito alla lite, ma c'era il quarto uomo Di Bello) emetterà il verdetto. Inibizione o squalifica? Si va verso un'assoluzione per Sarri da quella che è l'accusa più pesante rivoltagli da Mancini: quella di essere «un razzista». Nonostante le grancasse mediatiche che hanno amplificato di tutto e di più, dal razzismo alla misoginia, scaraventando nel dibattito anche l'educazione di Sarri, il lessico dell'allenatore azzurro dovrebbe essere catalogato come «insulto d'impeto» e nulla di più.
Nessun colpo di spugna, sia chiaro, ma dovrebbe passare la linea morbida e logica, ovvero la non applicazione dell'articolo 11. Se sarà confermata questa lettura, ovvero le frasi sarebbe «dichiarazioni lesive», disciplinate dall'articolo 5 delle Noif (Norme Organizzative Interne Federali) si va, infatti, verso le due o tre giornate di squalifica (da scontare nella prossima edizione della Coppa Italia) per Sarri (oltre una multa) e un'ammenda per Mancini, anche lui colpevole di epiteti nei confronti del suo collega napoletano.

Il «caso Sarri» dovrebbe andare in archivio così: Tosel sarebbe orientato, dunque, a non qualificare l'episodio come un esempio di discriminazione omofoba (come preteso da un bel po' di opinionisti di vario tipo), ma solo come una offesa. Grave, pesante, ma pur sempre una semplice ingiuria.
L'inibizione di 4 mesi invocata da più parti porterebbe, al contrario, allo stop di Sarri anche in campionato (e forse anche in Europa League). Le frasi di Sarri all'indirizzo di Mancini, udite anche dagli 007 federali, non vanno considerate come di natura «discriminatoria» soprattutto per un motivo: perché Roberto Mancini non è notoriamente un gay e quindi non c'è nulla di razzista nell'atteggiamento e nelle frasi del tecnico del Napoli nei suoi confronti.
Questo non significa che oggi non possa scattare un supplemento di indagine e che della faccenda si possa poi occupare Stefano Palazzi. In tal caso, Sarri e Mancini dovrebbe essere ascoltati in Procura (per una seconda volta: perché sia il tecnico partenopeo che quello nerazzurro sono già stati ascoltati nella notte di martedì, subito dopo il match, dagli ispettori federali) e successivamente potrebbe arrivare un deferimento ed eventualmente a una squalifica più lunga.

Gianpaolo Tosel e i suoi collaboratori, ancora nelle prime ore della mattinata, continueranno a prendere visione delle relazioni dell'arbitro, del quarto uomo e degli ispettori federali presenti a bordocampo. Poi il verdetto. E si domanderanno fino all'ultimo: «Il duello rusticano tra Sarri e Mancini può rientrare nell'ambito di applicazione dall'articolo 11 del codice di giustizia sportiva che sancisce i casi in cui un giocatore o un tesserato debba essere sanzionato per comportamenti discriminatori per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine etnica?».

Lo scontro a fuoco dell'altra sera ha scatenato un terremoto. Di battute. Sketch, fotomontaggi, vignette. Qualche buontempone lo ha campionato aggiungendovi colonne sonore con derive grottesche di ogni genere. E le reazioni sono state di diverso tipo. Ulivieri, presidente degli allenatori italiani, quasi bacchetta Mancini per aver violato quel codice non scritto in cui «tutto quello che succede in campo deve rimanere in campo». «Anche a me hanno gridato lo stesso epiteto che Sarri ha rivolto a lui. Ma io gli risposi: portami tua sorella poi lei ti dirà se lo sono. La squalifica? Il fatto è grave, spero proprio di sì». Le sorelle e i parenti fanno venire alla mente ben altri insulti e altri protagonisti (la testata di Zidane a Materazzi), ma l'Italia è ugualmente divisa. Dalla parte di Sarri sono schierati tutti quelli che pensano che se si dovesse reagire a ogni insulto come ha fatto Mancini non ci sarebbe una sola partita, dalla terza categoria alla Champions, che si riuscirebbe a concludere con un allenatore in panchina. E tra questi c'è l'ex premier e presidente del Milan, Silvio Berlusconi: «Sono cose che nel campo possono accadere, ma è sbagliato metterle sui giornali e renderle pubbliche».

Dalla parte di Mancini, che ieri ha ribadito: «Quelle frasi non hanno offeso me, ma tante persone che vengono prese in giro e soffrono tutti i giorni per questa battute», quelli che non sopportano la caduta di stile del tecnico della squadra capolista. E tra questi c'è il numero uno del Coni, Giovanni Malagò: «Se quelle frasi sono state dette non capisco la giustificazione di Sarri, cioè che quelle cose devono rimanere in campo. Sarri è intelligente e sa che non si possono circoscrivere quelle cose a un discorso di campo altrimenti non si finisce mai». Poi aggiunge: «Però mi sembra che si è scusato e spero che presto si diano la mano. È stato probabilmente un momento, chiaro che quel tipo di spiegazione non può essere condivisa».

Andrea Abodi, presidente della Lega di serie B, è più conciliante: «Conoscendo Sarri sono rimasto sorpreso. Ha perso un po' il controllo, ma è una persona semplice e pulita. Mi auguro che l'episodio non incida più di tanto, che non lasci conseguenze negative perché Sarri non se lo merita».
Ma quali le frasi incriminate? Roberto Mancini, visibilmente scosso, nonostante il successo al San Paolo e il passaggio del turno, nel ventre dello stadio ha accusato Sarri senza giri di parole: «Mi ha dato del frocio, del finocchio, si deve vergognare. Uno come lui non dovrebbe più entrare in uno stadio, almeno in Inghilterra sarebbe così. C'era il quarto uomo, ha ascoltato tutto, ma non ha fatto niente: Sarri è un razzista, fa male sentire certe frasi da un collega di sessant'anni..».

E Sarri il carnefice? «Sono cose che capitano nel calcio.

A me i vecchi hanno sempre insegnato che queste cose finiscono in campo. Sarà stata colpa dell'adrenalina, non so: gli avrei potuto dare del democristiano, gli ho detto la prima cosa che pensavo...». Oggi l'attesa per il verdetto: inibizione o squalifica?

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