De Laurentiis aspetta i nuovi,
Sarri sceglie i titolarissimi stanchi

De Laurentiis aspetta i nuovi, Sarri sceglie i titolarissimi stanchi
di Pino Taormina
Martedì 4 Ottobre 2016, 11:00 - Ultimo agg. 20:37
4 Minuti di Lettura

I trucchi di Sarri sono noti: lamentarsi per mettere le mani avanti (dal fatturato agli arbitri, dal terreno di gioco alla rosa), mettere le mani avanti per alleggerire il peso mentale dei suoi giocatori. Agitando, di tanto in tanto, sospetti; sottolineando fino alla noia le distanze abissali con la Juventus; alludendo a chissà quali limiti attuali del suo organico a fronteggiare una stagione da protagonista. Anche quando è costretto a rispondere alle domande sullo scudetto, l'allenatore del Napoli prova a metterci sempre una pietra sopra. Quasi fosse un macigno. «La Juve è la più forte». Quella pietra, alla fine, sembra che se la tiri sempre addosso. Perché le parole dopo Bergamo sanno di resa anticipata. E la cosa chiaramente non piace alla società.

De Laurentiis è convinto che questo Napoli sia molto forte ma mai ha chiesto a Sarri di dover vincere lo scudetto. Il tecnico è convinto che questa squadra abbia i numeri e il potenziale per arrampicarsi fino in cima alla serie A ma che sia troppo «giovane» per vincere. E questo lo spinge, dopo sette giornate di campionato, a dare la sensazione di alzare già bandiera bianca. Il patron, nei giorni scorsi, in maniera velata, ha rimbrottato il tecnico per la sua eccessiva prudenza. «Anche se siamo il quinto fatturato, abbiamo investito 128 milioni nel mercato quest'anno, per poter dare ai napoletani e all'allenatore una squadra competitiva». Un messaggio chiaro: non siamo obbligati a vincere lo scudetto, ma giochiamocela. «Non abbiamo mai avuto l'idea che il nostro campionato potesse essere in parallelo con il loro», il pensiero espresso dopo il ko con l'Atalanta.

Sarri vuole essere calamita di tensione, perché l'obiettivo deve essere quello di alleggerire il carico di responsabilità dei suoi giocatori. Sia dopo una vittoria che dopo una sconfitta. Con il club non c'è alcun dissenso sulle scelte fatte sul mercato in estate: Sarri ha condiviso al cento per cento ogni operazione in entrata. Tutte le volte che ha avuto dei dubbi su qualche nome (come per esempio su Bacca) ha espresso il suo parere negativo e alla fine il giocatore non è arrivato.

Dunque, dentro le sue scelte non c'è nessuna forma di dispetto, non c'è alcuna intenzione o volontà di sottolineare chissà quali carenze del suo organico: Rog e Diawara non giocano perché per Sarri non sono ancora pronti. Ed è inutile sbatterci la testa: se il tecnico non li ritiene ancora rodati per il loro esordio, non li farà debuttare. Semplice. Rog e Diawara sono arrivati praticamente con il campionato già iniziato, saltando tutta la fase del lavoro estivo. Che per Sarri è fondamentale per entrare nell'ingranaggio dei suoi meccanismi. Non è un caso che il suo ritiro in Val di Sole duri 22 giorni senza interruzioni, con le amichevoli con sparring partner del luogo: non è un caso che l'idea di prendere parte a qualche torneo internazionale sia per il tecnico azzurro un pugno nello stomaco. Perché è il lavoro giorno dopo giorno, durante l'estate, quello che serve a trasformare un calciatore in una pedina nel gioco di Sarri. E sia Rog che Diawara hanno saltato questa fase. Zielinski ha avuto un gran vantaggio, rispetto agli altri: è stato con Sarri un anno a Empoli. Milik gioca perché è arrivato a fine luglio e dunque ha lavorato con intensità. Maksimovic ha esordito solo per i malanni della coscia di Albiol, mentre anche Tonelli e Giaccherini, vittime di infortuni, sono ritenuti soltanto adesso pronti all'esordio.

Insomma, non c'è tensione sul fronte mercato. C'è soltanto un concetto di turnover che per Sarri ha un significato («Non posso mai cambiarne cinque o sei rispetto alla gara precedente») e per De Laurentiis ne ha un altro. E c'è l'assoluta volontà del tecnico azzurro di scaricare su altri, ovviamente la Juve, l'obbligo di vincere lo scudetto. D'altronde, era il suo ritornello anche quando c'era Higuain. Le incomprensioni con De Laurentiis ci sono state. La prima volta quando il presidente auspicò pubblicamente il varo di qualche modulo diverso dal 4-3-3 (consiglio accettato a Bergamo ma subito bocciato: «È stata la mossa della disperazione, non lo farò più»). La seconda quando, prima della trasferta di Palermo, parlò di «un Napoli forte per il futuro, ma non ancora per il presente» (e De Laurentiis è convinto del contrario) e infine a Genova: «Non devo essere io a protestare per gli arbitri, deve farlo la società». Con De Laurentiis che lo invitò al fair play: le decisioni degli arbitri non si commentano.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA