Ferlaino al Mattino: «Più forte delle potenze del Nord, questo Napoli è come il mio»

Ferlaino al Mattino: «Più forte delle potenze del Nord, questo Napoli è come il mio»
di Francesco de Luca
Lunedì 22 Febbraio 2016, 12:41
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Il suo posto tra i grandi del calcio lo aveva già conquistato negli anni Ottanta, prima acquistando Diego Armando Maradona, il campione dei campioni, e poi vincendo lo scudetto che Napoli attendeva da sessant’anni. «Mi sono sorpreso che si siano ricordati di me», sorride Corrado Ferlaino, classe 1931, presidente del Napoli dal 1969 al 2002, con pause e cadute, ma soprattutto con successi che restano indelebili nei ricordi del popolo azzurro. L’ingegnere («Ho ripreso a pieno ritmo l’attività professionale») sarà oggi a Firenze perché ne viene proclamato l’ingresso nella Hall of fame del calcio italiano, la galleria in cui vi sono dirigenti, allenatori, calciatori, calciatrici e arbitri di tutte le epoche. Napoli è stata finora rappresentata da Maradona (capitano degli scudetti e della Coppa Uefa), Fabio Cannavaro (partito dalle giovanili azzurre e arrivato alla Coppa del mondo e al Pallone d’oro nel 2006) ed Eraldo Monzeglio, tecnico che guidò la squadra negli anni Cinquanta.

Emozionato?
«Orgoglioso. Viene ricordato non soltanto il contributo che ho dato al calcio come presidente del Napoli ma anche come uomo delle istituzioni perché sono stato per otto anni consigliere della Federcalcio e vicepresidente della Lega, oltre che vicepresidente del Centro tecnico di Coverciano. Il Napoli veniva, e viene, prima di tutto, però non saltavo una partita della Nazionale. Trent’anni fa avevo ricevuto la stella al merito sportivo del Coni, questa testimonianza a distanza di tempo è significativa: non pensavo che si ricordassero del sottoscritto».

Perché?
«Chissà quanti raccomandati c’erano... E poi io ho smesso di frequentare da tempo la Federcalcio».

Lei uscì dal calcio nel 2002, dopo trentatré anni. Mai avuto la tentazione di rientrarvi, con un’altra squadra o un incarico istituzionale?
«No, mai. Anche perché sono fedelissimo alla mia squadra e perché ho riscoperto il fascino delle domeniche libere e serene. Pensi a quante migliaia ne ho vissute aspettando che cominciasse la partita...».

Il suo Napoli e questo Napoli: la città sogna a ventisei anni dal secondo e ultimo scudetto.
«È legittimo l’entusiasmo perché la continuità di risultati della squadra di Sarri è impressionante. C’è una grande occasione per tornare al comando della classifica, però io ho imparato che bisogna sempre procedere con cautela: il calendario propone difficoltà per il Napoli come per la Juve. Ad esempio, dovremo anche noi affrontare il Bologna, anche se al San Paolo, non dimentichiamolo. Donadoni non mi sembrava un allenatore così bravo e invece sta facendo un ottimo lavoro».

Stasera c’è Napoli-Milan, la sfida scudetto degli anni Ottanta: quale ricordo le viene in mente?
«Tanti, tantissimi. Anzi, per la verità uno».

Quale?
«È un ricordo particolare, legato a un grande giornalista e a un grande amico, Gino Palumbo, che dirigeva la Gazzetta dello Sport. Quando andavamo a San Siro per giocare contro il Milan cercavo di avvicinarmi al suo posto in tribuna stampa e di capire se tifasse per noi, come garantiva, o per loro».

E per chi tifava?
«Per il Napoli. Sempre per il Napoli».

Stasera al San Paolo ci sarà una bolgia, neanche una bandiera rossonera, come disse Maradona alla vigilia di quella partita del Primo maggio ‘88. La più amara delle sfide contro il Milan, che vinse e sorpassò il Napoli in classifica.
«La ricordo perfettamente, fu un grande dispiacere. Ci illuse il gol di Careca, ma non riuscimmo a pareggiare. Una partita segnata dal destino».

In che senso?
«È una giornata, quella, su cui torno spesso a riflettere, una storia che non mi è stata mai molto chiara».

Si parlò di manovre del totonero, ricorda?
«Ne tirarono fuori tante, io posso dire che non ci capii niente. Forse la stanchezza di alcuni giocatori rientrati dalle nazionali, non so. Certo, quel Napoli era uno dei più belli e più forti della storia».

Oggi Napoli-Milan non è una sfida scudetto.
«Ma il Napoli faccia attenzione a Bacca: ha cominciato a segnare con regolarità, mi fa un po’ paura. E poi c’è un altro problema».

Quale?
«Sarri è bravissimo, però gioca in un solo modo e gli allenatori avversari possono prendere le contromisure, bloccando le fasce e la fonte del gioco al centro. Il nostro allenatore è molto capace, saprà trovare la soluzione migliore».

Berlusconi ha detto che non chiese Maradona al Napoli perché era una bandiera e lui le bandiere non le tocca: vero?
«Non mi ha mai chiesto Maradona, che invece piaceva moltissimo all’Avvocato Agnelli, ma per nostra fortuna Boniperti diceva che non era da Juve... Ebbi un’offerta dal Marsiglia: il presidente Tapie mise sul tavolo un assegno in bianco, però gli dissi che non avrei ceduto il nostro campione. Feci benissimo, senza Diego non avremmo mai vinto il secondo scudetto».

Entra nella Hall of fame del calcio italiano a quasi trent’anni dal secondo e ultimo tricolore di Napoli: quanto è cambiato il calcio?
«Non so dire se è peggiorato o migliorato, certamente è diverso. C’è un elemento che lo differenzia rispetto a quello dei miei tempi ed è l’afflusso di denaro. Ricordo due cifre della gestione del Napoli degli scudetti: incassavamo 20 miliardi di lire e ne spendevamo 35 soltanto in stipendi per i calciatori. Era difficile mantenere l’equilibrio finanziario, servivano grandi sacrifici. È bellissimo vedere oggi il Napoli lassù, a giocarsi lo scudetto. Ma c’è un’altra classifica che dovrebbe farci riflettere, quella degli incassi delle società, specie raffrontando i club italiani a quelli stranieri: è difficile mantenersi a certi livelli considerando i numeri di Real, Barcellona, Bayern Monaco».

Il fatturato del Napoli è quasi un terzo di quello della Juve, eppure gli azzurri sono alla pari dei bianconeri in classifica, così come accadeva negli anni Ottanta, quando la forza di Maradona riuscì a sovvertire i rapporti economici e tecnici del calcio italiano: è lo stesso scenario?
«Io spero che il Napoli, oggi come allora, riesca a continuare su questi altissimi livelli grazie alla forza di una squadra sospinta dallo strepitoso Higuain: è arrivato a 24 reti e ce ne sono undici di distacco tra lui e chi è al secondo posto nella classifica dei cannonieri. Higuain c’era un anno fa, questa squadra è formata per otto undicesimi da giocatori allenati da Benitez, eppure i risultati non sono gli stessi. Qual è la differenza? Sarri è stato abile a creare un gruppo armonico e compatto, in una parola vincente. E, ricordando che il Napoli stava per prendere altri allenatori, penso a quanto incida la fortuna nel calcio».
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