Inter, amore e rispetto, Pellegrini
«Non avrei mai preso Diego»

Inter, amore e rispetto, Pellegrini «Non avrei mai preso Diego»
di Francesco De Luca
Giovedì 19 Gennaio 2017, 09:30
4 Minuti di Lettura
Quella sera del 30 giugno ‘84 Ferlaino era a casa sua nel cuore di Milano. «Stavamo trattando la cessione di Bagni, un ottimo mediano, dall’Inter al Napoli. Arrivò una telefonata di Antonio Juliano, il direttore sportivo della società, a Corrado: doveva correre a Barcellona per chiudere l’acquisto di Maradona. Brindammo e partì». Ernesto Pellegrini, industriale nel settore della ristorazione collettiva, era presidente dell’Inter da sei mesi. Cinque anni dopo avrebbe vinto lo scudetto, proprio in una sfida contro il Napoli al Meazza. E poi la Coppa Uefa ‘91, dopo oltre un quarto di secolo senza successi in Europa per i nerazzurri, col bis del ‘94. Lasciato il club dopo undici anni a Massimo Moratti, continua a seguire la Beneamata. «Forse un giorno prenderò una piccola squadra per divertirmi. Non sono un presidente di professione e poi sono fedele all’Inter. Lo dissi anche a chi mi chiamò da Napoli anni fa».

Poteva acquistare il Napoli?
«Qualcuno me ne parlò prima che arrivasse De Laurentiis. Spiegai che potevo essere presidente soltanto di una squadra: l’Inter. Il Napoli mi piace ma...».
Undici anni nerazzurri. Scudetto, Supercoppa italiana e due Coppe Uefa: buon bilancio?
«Avremmo potuto fare di più, andando avanti in Coppa Uefa nell’85, quando una biglia colpì Bergomi sul campo del Real Madrid, o in campionato nel ‘91, l’anno in cui arrivò prima la Sampdoria».
Vinse lo scudetto il 28 maggio ‘89 al Meazza dopo un successo sul Napoli di Maradona. 
«L’Inter dei record, 58 punti, quando ne erano assegnati due a vittoria. Ricordo con orgoglio anche la Coppa Uefa, che allora valeva poco meno della Coppa dei Campioni. Era un calcio diverso da oggi. In serie A giocavano tutti i grandi. Gli olandesi, i tedeschi, i sudamericani del Napoli e della Roma. Adesso gli assi sono altrove, tra Liga e Premier. Può darsi che i cinesi li riportino qui».
Non la immalinconisce vedere l’Inter in mani straniere e il Milan quasi?
«No, nessuna nostalgia. Sono fasi della vita, non provo gelosie. Avevo lasciato l’Inter a Moratti, un italiano. Forse, quando lui ha deciso di cedere, avrebbero potuto esservi italiani interessati ma non sono usciti allo scoperto e così si sono fatti avanti gli stranieri. Faccio i complimenti al management dell’Inter per aver preso un calciatore come Gagliardini: che personalità quel ragazzo».
Era un calcio in cui vi era più rispetto, dai dirigenti alle tifoserie. 
«C’era forte rivalità tra i club sul mercato anche all’epoca. Un giorno pensai a un patto di concorrenza non sleale, diciamo così. Invitai a casa mia Ferlaino, Galliani e Viola, che era presidente della Roma. Proposi di non superare certe cifre per gli ingaggi dei giocatori affinché non vi fossero forzature nelle trattative: sarebbe stato un male per tutti far lievitare gli stipendi. Sembravamo d’accordo...».
Si disse che Berlusconi ruppe quel fronte. 
«Abbiamo avuto un buon rapporto da presidenti di Inter e Milan e anche adesso. Ricordo ancora che mi scrisse in un momento delicato, era il ‘94 e lui guidava il governo. Mi incoraggiò ad andare avanti. Chiuse la lettera con queste parole: “Chi la dura la vince. Forza Inter”. Proprio così. Quando ho scritto il libro, ho contattato Berlusconi per chiedergli se potessi citare quel messaggio e lui mi ha risposto di sì. Scherzando gli ho detto che sarebbero arrivati voti dagli interisti».
Berlusconi tentò di prendere Maradona dal Napoli: l’ha mai sfiorata quel progetto?
«Se per Higuain alla Juve è accaduto di tutto nella scorsa estate, cosa sarebbe capitato se Diego fosse passato in un’altra squadra? Mai chiesto a Ferlaino. Non lo avrebbe ceduto. Invece, trattammo un altro giocatore di quel Napoli: Carnevale».
Il Napoli di oggi che è davanti a Milan e Inter le piace?
«Molto. Sarri è un ottimo allenatore e la sua squadra gioca bene. Io ho sempre guardato con simpatia al Sud e in particolare a Napoli, che ne è la bandiera. A Milano ho amici carissimi che tifano per gli azzurri, come il professore Vincenzo Mariconda e l’avvocato Giuseppe Iannaccone: il Napoli è un pezzo della loro vita e non esagero. La squadra è tornata forte, come negli anni Ottanta, quando c’erano non soltanto Maradona e Careca, ma anche Bagni e Garella, il portiere che un po’ per bravura e po’ per fortuna parava tutto».
E questo Napoli?
«Mi ha colpito Milik prima dell’infortunio. Fisico possente, aveva già fatto gol pesanti. Buono l’acquisto di Pavoletti. Non era facile ripartire dopo la cessione di Higuain, eppure il Napoli è riuscito a restare molto competitivo e sta disturbando la Juve. Che non mi sembra più imbattibile».
Ai suoi tempi c’era Ferlaino alla guida del Napoli, adesso De Laurentiis.
«Ci siamo incontrati una sola volta. Apprezzo il lavoro che porta avanti, per i risultati e per l’oculatezza con cui gestisce la società, senza esagerati esborsi. Ha dimostrato di muoversi bene in questo mondo».
Ha mai ripensato a quella telefonata che le arrivò da Napoli anni fa per suggerirle di prendere la squadra?
«Ma io sono stato il presidente dell’Inter e sono tifoso dell’Inter anche se l’affetto verso Napoli è profondo e sono felice di essere in Campania tra pochi giorni, per incontrare il sindaco di Marcianise e ricevere il premio “Buone Notizie” a Caserta. Quello col Sud è un legame che ho sviluppato da imprenditore e dirigente calcistico: lo considero un patrimonio prezioso».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA