Napoli, il grande rebus della nuova punta

Napoli, il grande rebus della nuova punta
di ​Mimmo Carratelli
Giovedì 8 Dicembre 2016, 09:26 - Ultimo agg. 12:48
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Dalle polveri bagnate di ottobre (due vittorie, quattro sconfitte) all'altare dei successi di dicembre su Inter e Benfica con primo posto storico nel girone Champions.

Virata in grande stile con elogi soprattutto della stampa spagnola per la partita di Lisbona («il Napoli non gioca un calcio italiano») che ricordano gli elogi «europei» al Napoli di Vinicio che dette spettacolo «non italiano» e vinse a Oporto con un gol di Clerici (6 novembre 1974, Coppa Uefa, sedicesimi). Il gioco «non italiano» di Vinicio e di Sarri, con le rispettive differenze e le diverse qualità dei protagonisti, non è solo il superamento, anche in campo internazionale, della «difesa e contropiede» che valse successi europei e mondiali alla grande Inter di Herrera.

È la capacità di avere la padronanza del gioco, una identità di squadra, un calcio propositivo. Peraltro, non ci sono più le fortissime difese e i micidiali contropiedisti di una volta. Conquistati gli ottavi di Champions col bel gruzzolo di euro che il passaggio frutta al Napoli (venti milioni), si chiede a De Laurentiis di darsi una mossa per rinforzare il Napoli già a gennaio con l'acquisto essenziale di un attaccante che affianchi, nel nuovo anno, il recupero di Milik. Il mercato di gennaio non offre soluzioni di rilievo e, con la necessità che ha il Napoli, porta oltre misura la valutazione dei giocatori che potrebbero essere nel mirino azzurro. Se fosse disponibile un «vero» attaccante, e non ce n'è ombra in Italia tra quelli raggiungibili, De Laurentiis avrebbe il dovere di provvedere.

I tifosi premono. Ci sono i soldi (della Champions e della cessione di Higuain), perciò bisogna comprare. Anche un «mezzo» attaccante, non solo per l'avventura europea che si farà più ardua, quanto per l'obiettivo secondo posto, indispensabile per tornare in Champions. E su questo De Laurentiis sarà pienamente d'accordo. Dopo le plusvalenze realizzate con Lavezzi, Cavani e Higuain, i proventi del maggiore torneo europeo sono vitali per tenere il Napoli agli alti livelli. Un «mezzo» attaccante valutato 20 milioni varrebbe il sacrificio per questa stagione purché fosse un vero centravanti come non può esserlo Gabbiadini? I nomi che si fanno non entusiasmano, da Pavoletti e Kalinic, Nestorowski, forse Muriel e chi altri? Non si può avere «tutto e subito», ma è auspicabile che il Napoli abbia sottomano un centravanti da quindici-venti gol, investimento necessario anche e sopratutto per il futuro. Qui è in ballo la capacità di scouting della società azzurra, a prescindere dal minuscolo (1,73) e giovanissimo (18 anni) Leandrinho, brasiliano del Ponte Preta e della nazionale under 17 carioca.

È dalla cessione di Higuain, dal bluff Icardi e dall'infortunio di Milik (promettentissima scommessa da 33 milioni) che nel Napoli dovrebbe essere scattata la caccia a un centravanti da primato. Circola il nome di Kasper Dolberg, attaccante danese di 19 anni in forza al grande vivaio dell'Ajax (stessa provenienza di Milik). Ma il Napoli avrebbe bisogno di un attaccante già maturo, a parte il fatto che un centravanti estero porrebbe, almeno nell'immediato, i soliti problemi di adattamento.

Per le esigenze immediate si può pescare in serie B? In ogni caso, necessità presenti o future, il Napoli deve muoversi perché il solo Milik, ritornando pienamente disponibile, non potrà bastare. Non avendo un «problema economico», il Napoli deve dare segnali concreti di essere «sul mercato». Certamente non lo darà a vedere e non lo fa sapere. Si spera però che la società sia in piena attività. Sarebbe già confortante se il Napoli avesse un contatto concreto sul centravanti che determinerà la maggiore qualità offensiva della squadra di Sarri. La soluzione forzata del tridente-baby ha il limite dell'usura fisica degli attuali attaccanti azzurri. Non possono reggere l'intera stagione. Dopo Lisbona, sembrano recuperati a una soddisfacente brillantezza, ma con i campi invernali sono destinati a patire. De Laurentiis ha il dovere di intervenire senza sbandierare più i 128 milioni spesi che, però, hanno rafforzato solo il centrocampo. C'è bisogno di un attaccante.

Il presidente, così abile nel prendersi il merito personale di avere convinto Higuain a venire a Napoli, faccia un altro colpo. Intanto, Sarri sta cambiando. Contro la Dinamo Kiev e il Benfica l'altra sera ha smentito quanti lo accusano di essere un tecnico unidirezionale, peggio ancora un fondamentalista della tattica. Ed ecco un Napoli non più orgogliosamente presuntuoso, innamorato della propria bellezza, che scende in campo «a prescindere» dagli avversari col solo compito impetuoso di imporre il suo gioco offensivo. Il Napoli ha «pilotato» il pareggio con la Dinamo evitando rischi (il risultato bastava per proseguire in Champions) e, a Lisbona, un'ora di controllo-partita, poi il cambio annunciato (Mertens-Gabbiadini) per accelerare e vincere.

Si è scritto della conferenza stampa di Sarri in Portogallo in cui il tecnico ha prefigurato come sarebbe andato il match all'Estàdio da Luz. Consentite al vecchio cronista di ricordare un analogo episodio di quasi 50 anni fa. Un sabato di fine novembre 1967, all'Hotel delle Rose di Bologna, Pesaola disse: «Chiudete i taccuini e vi dico come andrà la partita di domani». E raccontò il match che si svolse esattamente come aveva previsto il petisso con vittoria azzurra per 2-1 e gol fulmineo di Altafini sulla palla al centro: dal tocco di ritorno di Juliano, Josè corse per quaranta metri, superò quattro avversari e andò a segno in 35 secondi. Pareggio di Pascutti e gol-vittoria di Pogliana. Era il Napoli del primo storico secondo posto (Zoff, Nardin, Pogliana, Zurlini, Panzanato, Bianchi, Orlando, Juliano, Altafini, Canè, Barison). Nel Bologna giocavano ancora Pascutti, Fogli e Perani con Bulgarelli.
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