Napoli, il sogno scudetto e i due Sarri:
prima provocatore, poi pompiere

Napoli, il sogno scudetto e i due Sarri: prima provocatore, poi pompiere
di Pino Taormina
Martedì 25 Luglio 2017, 10:43
3 Minuti di Lettura
Inviato a Dimaro-Folgarida

«Lo scudetto? Ci può stare di bestemmiare». Parole di Maurizio Sarri la sera dell'8 luglio nel teatro immerso tra i boschi di Folgarida. «Lo scudetto? Una cavolata pensarlo». Parole dello stesso Maurizio Sarri il (tardo) pomeriggio del 23 luglio a Dimaro, poco più in basso. Probabilmente il tecnico azzurro si sarà scocciato di ascoltare e leggere ogni giorno qualcuno che piazza il Napoli davanti a tutti. Pensa che ci sia una strategia per caricare il Napoli e alleggerire le altre (Milan, Inter e Juve). Ha messo le mani avanti, perché ha capito quanto sia penalizzante avere i favori dei pronostici. Non è vero che non crede che questo gruppo, così com'è, non possa vincere lo scudetto. Anzi, lui si porta dentro un grande rimpianto: è convinto che se il campionato fosse durato altre tre giornate, avrebbe persino potuto acciuffare la Juventus.

Ma dopo 21 giorni vissuti tra i tifosi, in Val di Sole, ha capito cosa lo attende adesso a Napoli. E sa bene come ci sono equilibri delicati che fanno presto a diventare squilibri. Sa bene che questo calore può diventare incendio e sa che adesso c'è bisogno di fare il pompiere e non certo l'incendiario. Lui vuole isolare la squadra dalle pressioni esterne della piazza, la vuole per così dire «impermeabilizzare» da questa sbornia che non gli piace. Ma dietro il suo andare controcorrente (contro le convinzioni sia della squadra che del presidente) c'è anche l'amarezza per un mercato condotto al di sotto delle sue aspettative. Non ce l'ha con De Laurentiis: in questi due anni ha imparato a conoscerlo e non si aspettava certo un top player. Avrebbe gestito diversamente il rinnovo di Reina, questo sì: Sarri avrebbe accontentato lo spagnolo già a giugno. L'allenatore di Figline lo aveva già detto a maggio: per migliorare questo gruppo servono giocatori che costano 100 milioni. E aggiunse: «So già che non arriveranno». Proprio per questo non gli va che sia proprio il presidente a parlare così apertamente di scudetto. Lo facciano i tifosi, va bene pure che lo dicano i giocatori, ma non il patron. Che dovrebbe aiutarlo a tenere a bada l'euforia collettiva.

Dopo tre settimane in Val di Sole ha capito, ma lo sapeva già prima, che la lana azzurra con cui dovrà creare il nuovo abito è questa. E che non deve attendersi nulla nelle prossime settimane. Si è convinto, ma lo era già prima, che il livello medio del nostro calcio si è alzato. E lo dice, usando parole forti. C'è del rischio, non solo del coraggio, nell'esprimersi così, nel dire che almeno quattro squadre sono più avanti del Napoli. Qualche giocatore potrebbe adombrarsi, soprattutto quelli convinti del contrario. Perché, allora, il tecnico ha deciso di uscire con questa doccia gelata? Forse per mettere le mani avanti, per cautelarsi prima di qualche inciampo, oppure per prendersi i meriti degli eventuali progressi e successi. 

Però Sarri è un provocatore scientifico, non appartiene alla categoria degli istintivi, bensì a quella dei gelidi calcolatori. Ma lui fa sempre così, a costo di crearsi delle grane. Sicuro al patron non saranno piaciute le sue parole dell'altro giorno, ma sa che in realtà Sarri non lo pensa davvero. Se è rimasto sulla panchina azzurra, se non ha puntato i piedi per ottenere un rinnovo del contratto a cifre più alte, è perché Sarri è convinto che qui possa realizzare il suo sogno, che è tale e quale a quello che ha la squadra: vincere il campionato di serie A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA