Napoli, Trapattoni: «Non si decide per il titolo ma se gli azzurri vincono...»

Napoli, Trapattoni: «Non si decide per il titolo ma se gli azzurri vincono...»
di ​Pino Taormina
Martedì 9 Febbraio 2016, 16:28
4 Minuti di Lettura
«Il Napoli di Sarri mi ricorda il Napoli di Maradona, Giordano e Careca. Capace di andare in gol in qualsiasi momento, capace di regalare attimi di autentico calcio spettacolo». Giovanni Trapattoni racconta la supersfida di sabato sera. «Bella, affascinante, strana. Quasi unica nel suo genere: è la nostra Real-Barcellona». Ne ha viste e vissute tante, il grande Trap, dalla panchina della Juventus che ha guidato, senza interruzioni dal 76 all'86 e poi di nuovo dal 91 al 94.

È la gara che decide lo scudetto?
«Ma no, però se il Napoli dovesse vincere darebbe una bella botta alle speranze bianconere. Non sarebbe una questione di distacco, perché cinque punti non sono nulla, ma gli azzurri diventerebbe imbattibili nella testa. Si convincerebbero che è davvero l'anno giusto. E nessuno li fermerebbe più».

Vincere a Torino non è mai stato semplice?
«Credo che sarà una partita molto gelida di emozioni, dove le attenzioni maniacali dei due allenatori porteranno come conseguenza a vedere pochissimi gol».

Dice?
«Mi immagino già la settimana di Allegri e Sarri: lì a vedere e rivedere i movimenti degli avversari su calci piazzati, lo studio delle contromosse, le tattiche per aggirare i rivali... ah io prima di una gara del genere non dormivo una settimana intera».

Faranno lo stesso pure Allegri e Sarri?
«Se chiudono occhio vado da loro a farmi spiegare come si fa. Perché sabato tutti vedranno la partita, e loro hanno anche la responsabilità di mostrare all'Europa intera che tanto fa la snob quando guarda il nostro calcio, lo spettacolo che siamo in grado di offrire».

Bella responsabilità, non trova?
«Beh, io le vedo le partite estere: anche le big fanno tanti di quegli svarioni tattici... andassero a lezione da Sarri. Uno che abbina la metodicità del lavoro difensivo al gioco spumeggiante in attacco».

In Juve-Napoli ci sono due filosofie: ovvero, meglio subire meno gol o farne più degli altri?
«Boniperti che prima di essere stato il presidente della Juve, è stato l'attaccante italiano più forte di tutti, diceva: giochiamo per vincere, però dopo che abbiamo fatto gol, meglio che ci mettiamo lì a difenderlo».

Facciamo un viaggio a ritroso. Cosa è stato per lei Juve-Napoli?
«Senza dubbio Maradona contro Platini. Non parlo solo del loro talento da numero 10 con una classe unica, ma della personalità che avevano. Né prima, né dopo, ci sono stati giocatori capaci di essere il simbolo di una squadra. In quegli anni fantastici Maradona era il Napoli. E la Juventus era Platini».

Il suo ricordo più bello?
«Nel 1981, nella volata a tre con Roma e Napoli, fu decisiva la nostra vittoria al San Paolo a due o tre giornate dalla fine. Non giocammo contro una squadra, ma contro tutta una città».

Chi decide sabato la supersfida?
«Higuain ha fatto 24 gol in 24 partite. Facile fare il suo nome. Ma nella Juventus c'è Dybala che mi pare stia vivendo un momento d'oro...».

Le ricorda qualcuno Higuain?
«Faccio un nome diverso dagli altri e che magari farà storcere il naso a molti: è Edmundo!»

E certo, lei ha perso uno scudetto a Firenze a causa sua.
«Lasci stare l'aspetto caratteriale. Ma aveva un potenziale fisico che tanto mi fa venire a mente il brasiliano. Poi come spietatezza e concretezza, se dico Paolo Rossi non credo che l'argentino si offenderà».

E Batistuta?
«Differenti. Molto. Io lo adoravo. Ma mi sembra diverso da Higuain. Poi i paragoni sono sempre poco generosi. Agnelli mi ripeteva sempre che davanti ai giocatori moderni non si poteva mai dire ah, ai nostri tempi. Noi andavamo a dormire alle 9 di sera. Il calcio di oggi, con i campioni di oggi, è eccezionale perché vive su ritmi eccezionali».

Quali le caratteristiche di Juve e Napoli?
«Quando tutto funziona la squadra di Sarri è bella, imprevedibile. E sviluppa un calcio corale come pochi in Europa. Nella Juventus la prerogativa è la cattiveria agonistica: ha nel Dna la vittoria. E non è una cosa di poco conto per vincere i campionati»

Con Allegri e Sarri è il riscatto della scuola italiana?
«In modo diverso sono riusciti nello stesso intento: sono arrivati tra lo scetticismo dell'ambiente, facendo i pungiball. Ma piano piano tutti sono andati dietro di loro, riuscendo a saldare giorno dopo giorno due gruppi fantastici».
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