La mamma di Ciro: «Roma-Napoli senza tifosi napoletani all'Olimpico è una sconfitta»

Antonella Leardi
Antonella Leardi
Mercoledì 1 Aprile 2015, 13:24 - Ultimo agg. 2 Aprile, 08:46
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ROMA - «Mi dispiace che sabato non ci saranno i sostenitori napoletani sugli spalti. Per i tifosi sani, non per le persone represse che vanno allo stadio per fare altre cose, si tratta di una sconfitta». Così Antonella Leardi, madre di Ciro Esposito, il supporter napoletano ucciso in occasione della finale di Coppa Italia del 2014 fra Napoli e Fiorentina. «Mio figlio era entusiasta quando andava allo stadio, era effervescente. E noi dobbiamo cercare di vincere questa battaglia con l'amore affinché i tifosi possano godersi le partite» aggiunge a margine della presentazione del libro 'Ciro Vive' all'Olimpico di Roma, dove sabato pomeriggio si giocherà la gara di campionato col Napoli. A chi gli chiede se abbia ricevuto un invito per assistere alla partita, la signora Leardi racconta di non essere ancora stata invitata. «Ma non ho problemi o risentimenti con nessuno, e se non vengo è semplicemente perché siamo a Pasqua e quindi preferisco dedicarmi alla famiglia e alla mia nipotina che verrà da Brescia».

«Vorrei che la morte di Ciro Esposito fosse solo un pesce d'aprile, purtroppo non è così...».

Sono le parole del cantante napoletano Gigi D'Alessio intervenuto alla presentazione. «Devo dire che Antonella ha fatto fare una grande figura a tutti noi napoletani - aggiunge - Per molti siamo tutti delinquenti, invece non è così. È una mamma che vive in un quartiere dove c'è sofferenza e solo chi soffre sa cosa è il bene. Il modo in cui si è comportata non si può descrivere». D'Alessio racconta di aver seguito la vicenda fin dai primissimi attimi: «Perché se il Napoli avesse vinto avrei dovuto cantare allo stadio quella sera. Ero all'Olimpico ed arrivavano le notizie. Non solo non me la sono sentita ma non ho neanche visto la gara e me ne sono tornato a casa». Secondo l'artista, poi, «Ciro ha dato la sua vita per fare in modo che la tifoseria possa cambiare, per fare in modo che quello che arriverà domani sia diverso». «Il calcio - conclude - ci deve dividere solo per 90 minuti, ma resta uno spettacolo e bisogna portare i figli allo stadio come i nostri genitori hanno fatto con noi».

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