Ansia, emozione e speranza
La Real-Napoli del settore ospiti

Ansia, emozione e speranza La Real-Napoli del settore ospiti
di Gennaro Arpaia
Giovedì 16 Febbraio 2017, 16:41
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Per ventiquattro ore, ma anche qualcosa in più, Madrid è provincia di Napoli. Sì, perché i colori, gli odori ed i suoni del centro città appartengono decisamente al capoluogo campano più che alla Castilla. Da Plaza Mayor a Sol, dalla Gran Via a Plaza de Espana: tutto ricorda Napoli. I tantissimi tifosi accorsi in città non si limitano a pensare alla partita, perché lo shopping e la cuoristà occupano le ore prima della gara.

Prima di pranzo, il vero e proprio assedio: capannelli di tifosi in ogni punto della città. Come riconoscerli? Sciarpe e gagliardetti, tanto che anche gli ambulanti spagnoli si adoperano per vendere gadget azzurri. 
Chi mostra festante il biglietto, chi preoccupato per l'arrivo dell'ultimo momento. Nelle ore precedenti il match una vera e propria marea azzurra si è riversa per le strade di Madrid riuscendo nella non facile impresa di capace di coprire le già rumorose abitudini spagnole.

La corsa verso lo stadio comincia nel primo pomeriggio. La linea 10 della metro in direzione Hospital Infanta Sofia, la fermata è quella più nota: Santiago Bernabeu. Non c'è spazio per jamon, tapas e tortillas nella testa dei napoletani in una metropolitana che per un giorno è interamente tinta d'azzurro. Sono in tantissimi quelli che già dalle 16 popolano l'esterno dello stadio, il Santiago Bernabeu: per anni visto solo in tv e considerato una vera e propria sorta di tempio inviolabile, ma anche inarrivabile per chi fino all'altro ieri cercava soluzioni di fortuna per seguire il Napoli a Gela o a Martina Franca. Poi l'arrivo dei gruppi organizzati davanti al settore ospiti. Tutto nella più totale serenità, alla faccia della tanta attesa da parte delle forze di polizia schierate al gran completo. 

Cominciano i cori, quelli per riscaldare la voce. Sono le 18 e le porte stanno per aprirsi: piano piano entrano i primi tifosi, qualcuno resta fuori per un biglietto falso. «Devo togliermi la sciarpa, senno mi fermano?», chiede Francesco, in perfetto dialetto napoletano. Ma al momento del controllo tutto fila per il verso giusto.
Appena dopo l'ingresso le scale per il Quarto Anfiteatro sembrao non fermarsi più. Le scale mobili non funzionano, tocca salire a piedi. «Ci stanno sabotando, ma non ci fermeranno», grida qualcuno più indietro.

A prima vista il settore ospiti sembra una muraglia:  4mila napoletani di ogni estrazione sociale e culturale arrivati qui per assistere a quella che per tutti è e resterà una gara storica all'interno di una giornata storica.

Arrampicandosi fino all'ultimo sediolino si ha il senso di quello che è il settore ospiti: nessuno spazio vuoto, nessun posto libero, solo tanta gente trepidante in attesa di quel fischio d'inizio che vuol dire sopratutto liberazione da un'attensa che appare infinita.

C'è il Napoli in campo e i primi si avventano sulla formazione. «Diawara e Zielinski dal primo minuto...azz!» Poi l'ingresso delle squadre in campo: il Real è mai stato fischiato così tanto a casa sua? La risposta è di certo negativa. Entra il Napoli ed è già festa, l'urlo Champions prende il sopravvento e fa tremare il cuore prima dei timpani. C'è anche Diego allo stadio, accanto a De Laurentiis e Florentino Perez, e allora ecco il coro: «Ho visto Maradona!» parte da qualche posto più giù.

Nemmeno il tempo di fischiare l'inizio che già ci si appella alle divinità: «Santo Reina, ti devono fare Santo!, giura Fabrizio, poi l'apoteosi per il gol di Insigne: «Madonna, che ha cumbinat'?!».

La tensione è già alle stelle e il gol del pari di Benzema è come la tempesta dopo un'abbondante lampeggiata: sai che arriverà, ma ti auguri che sia il più tardi possibile. Superato l'acquazzone il settore ospiti riprende fiato, applaude la tutto insieme.

All'intervallo c'è fiducia: «Ma soffriremo per altri 45 minuti, stiamo attenti!». Detto fatto. L'inizio del secondo tempo sembra una ripresa di boxe e i gol in rapida successione di Koos e Casemiro assomigliano molto al diretto e al montante del pugile che vuol subito mettere in chiaro chi comanda sul quadrato. Qualcuno sugli spalti si dispera, altri tornano subito a cantare. Perché il pubblico di fede azzurra è così: non si arrende, neanche quando la notte del Bernabeu inizia a farsi davvero oscura.
 
Passa il tempo e le speranze si assottigliano, ma i cori non si fermano mai e qualcuno comincia a fare i primi conti: «Dobbiamo fare 2-0 in casa...e che ce vo?», poi la disperazione quando Mertens spara altissimo davanti a Navas.
Al gol di Callejon, annullato per fuorigioco, un tifoso azzurro visibilmente connazionale di Koulibaly si dispera pronunciando qualcosa in francese.

L'arbitro fischia tre volte, ma dal settore ospiti il coro che si alza ispira fiducia: «Noi ci crediamo».
Napoli non è finita a Madrid, anche all'uscita dal Bernabeu, mezz'ora dopo tutti gli altri. «Mo dobbiamo solo vincere in casa, sicuramente ce la facciamo!». Con la forza di una città che dopo essersi spostata in Spagna è pronta a sognare nel segno della «remuntada».
 
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