San Paolo, un restyling che non basta

San Paolo, un restyling che non basta
di Francesco De Luca
Martedì 22 Novembre 2016, 08:44 - Ultimo agg. 08:47
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A oltre un anno dalla bocciatura del progetto-De Laurentiis, il Comune ha presentato il piano per il restyling del San Paolo, finanziato con 25 milioni dal Credito sportivo. 

A oltre un anno dalla bocciatura del progetto-De Laurentiis, il Comune ha presentato il piano per il restyling del San Paolo, finanziato con 25 milioni dal Credito sportivo. La prima tranche di 1,4 milioni sarà utilizzata nei primi tre mesi del 2017 per sistemare spogliatoi, tribuna stampa e area accoglienza per i tifosi ospiti e creare il «tunnel delle glorie azzurre» nel corridoio che porta le squadre verso il campo di gioco. Era doveroso questo intervento perché si rischiava la chiusura dello stadio e il forzato trasferimento degli azzurri in un’altra città: sarebbe stato un affronto per la squadra che partecipa alla Champions League e la sua tifoseria. Ciò è stato evitato grazie al contributo del Credito sportivo e del presidente del Coni Giovanni Malagò, che oggi, in occasione dei lavori della Giunta nazionale convocata a Castel dell’Ovo, chiederà ragguagli al sindaco sulla preoccupante situazione degli altri impianti cittadini.
Non si poteva perdere più tempo per restituire parziale decoro allo stadio costruito nel 1959 e sottoposto a un solo restyling, prima dei Mondiali del 1990. Ma al termine di questi improcrastinabili lavori, e dopo l’atteso contributo per le Universiadi, cosa accadrà? Si costruirà un nuovo impianto dove sorge il San Paolo con il supporto di De Laurentiis, già auspicato dal sindaco de Magistris? Oppure il presidente creerà una propria struttura, magari lo stadio-vip da 20mila posti annunciato due mesi fa? Ci sarà tempo per capirlo. Intanto, c’è una convenzione per l’uso del San Paolo da firmare perché non è stata rinnovata e la concessione al Napoli avviene di partita in partita. Sembra incredibile per un club che è tra i più importanti d’Italia e aspira ad entrare tra i primi sedici d’Europa, qualificandosi agli ottavi di Champions League.

Il rapporto tra De Laurentiis e de Magistris ha avuto forti oscillazioni. Adesso siedono accanto nella tribuna autorità del San Paolo, si scambiano sorrisi mentre seguono la partita del Napoli. Serve un dialogo realmente costruttivo, non un’intesa di facciata collegata ai vantaggi del momento. A chiusura dei primi urgenti lavori, non si dovrà aprire un nuovo conflitto tra palazzo San Giacomo e la società azzurra, anche perché si auspica che il Napoli sia nel frattempo ulteriormente cresciuto e arrivato magari al terzo sospirato scudetto. Se effettivamente vi fossero investitori pronti a sostenere De Laurentiis nel progetto per un nuovo stadio, si «accontenterebbero» di ricostruire il San Paolo o ne vorrebbero edificare un altro in un’altra zona della città?

Lo stadio aperto soltanto in occasione delle partite, come quello di Fuorigrotta, è anacronistico e non migliora il fatturato di un club. Finora gli investimenti del produttore cinematografico diventato presidente nel 2004 hanno riguardato esclusivamente la squadra. È il momento di pensare a creare altri profitti, eventualmente anche attraverso le risorse che può generare una struttura aperta tutta la settimana e dotata, se non di un ristorante stellato, almeno di negozi dove acquistare le maglie azzurre. Anche questo crea una dimensione europea, non soltanto la musichetta della Champions.
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