Us Open: un sogno tinto di azzurro cominciato da bambine

Us Open: un sogno tinto di azzurro cominciato da bambine
di Angelo Mancuso
Domenica 13 Settembre 2015, 09:39 - Ultimo agg. 10:07
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NEW YORK - Flavia Pennetta e Roberta Vinci sono due delle quattro ragazze d'oro del tennis italiano insieme a Francesca Schiavone e Sara Errani: quattro trionfi in Fed Cup oltre ai tanti successi in singolare e doppio nei tornei più prestigiosi del mondo.

Flavia è nata a Brindisi e ha 33 anni, Roberta è nata a Taranto e ne ha 32. Sono entrambe pugliesi, ma hanno scelto strade diverse. La prima vive e si allena a Barcellona, la seconda a Palermo. Però si conoscono sin da bambine e tante volte si sfidate nei circoli vicino casa. «Da ragazzine vincevo sempre io - scherza Roberta - perché ero più calma in campo, mentre lei era nevrotica…».



A tennis giocava anche Francesco, il fratello minore della Vinci, che vive a Roma: «Da ragazzine in Puglia io e Flavia eravamo le più forti e lui veniva indicato come il fratello della Vinci. Si è stufato e ha smesso forse un po' per colpa mia. Ora è il mio primo tifoso». Hanno anche giocato insieme in doppio vincendo un titolo junior al Roland Garros nel 1999: «Roberta qualche mi ha fatto vedere un video con un'intervista di noi due sedicenni o poco più – racconta Flavia – risaliva proprio a quel successo a Parigi nel torneo junior. Mi sono emozionata e lei mi ha preso in giro. Fa finta di essere una dura, ma non lo è…».



AMICHE-NEMICHE

Due storie diverse, ma entrambe vincenti. Flavia detiene un record che nessuno potrà mai strapparle: nell'agosto del 2009 è stata la prima tennista italiana a varcare la fatidica soglia delle prime dieci nel ranking mondiale. Nell'agosto 2012 è stata operata al polso destro: è finita fuori dalle top 100, ha avuto la forza di non mollare. «Ma questa non è una rivincita. Piuttosto è un premio al lavoro». Di tanto in tanto ha ventilato ipotesi di ritiro, ma visto quel che ha combinato a New York, avrebbe potuto andare avanti fino alle Olimpiadi di Rio 2016. Ieri, subito dopo la partita, ha detto che potrebbe fermarsi alla fine della stagione. «Cerco di godermi il momento, ma nel tennis non è facile, c'è sempre troppo poco tempo. Un giorno fai l'impresa, sei felice, ma quello dopo torni in campo e perdi perché hai troppe cose per la testa. Questo potrebbe essere il momento migliore per dire basta». C'è tempo per pensarci e, magari, arrivare a io. Bella, solare e brillante. In passato le sia stato attribuito qualche fidanzato famoso. Come Valentino Rossi, del quale è grande amica. L'amore vero è invece quello con il “collega” Fabio Fognini. Si parla di matrimonio nella prossima primavera.



UN ROVESCIO COME LA SETA

Quella della Vinci, 32 anni di Taranto trapiantata a Palermo, è invece un po' la storia di Calimero, protagonista del Carosello tanto amato dai bambini di qualche decennio fa. Un pulcino piccolo e nero che si impone di fronte alla forza bruta delle muscolose valchirie del tennis. La sua grazia ed eleganza, il rovescio slice, i sapienti tocchi a rete (una rarità tra le donne) spesso e volentieri riescono a disarmare le più potenti rivali svestendole dell'aurea di orco in gonnella inavvicinabile.



E come d'incanto Calimero diventa un gigante, nonostante i suoi 163 centimetri. «Se vorrei essere più alta? Sì a volte me lo sono detta – confessa – perché mi potrebbe aiutare a servire meglio e qualche punto in più alla battuta aiuta eccome. Così come avere più muscoli. Però mamma e papà mi hanno fatta così…».



QUEL DOPPIO CHE NON AMAVA

Doppista per vocazione, è diventata con la maturità una grande singolarista. «A 18 anni ho partecipato al Masters con la Testud – sottolinea – pian piano mi sono scrollata di dosso questa etichetta che non mi piaceva». La vera esplosione è arrivata solo da qualche anno.



«Frutto del lavoro costante e paziente, della passione, del supporto di chi mi vuole bene. Il tennis è uno sport duro - ha detto la Vinci parlando della sua carriera - in campo sei sola contro le avversarie a talvolta te stessa, contro le tue insicurezze. Devi accettare sconfitte e delusioni. Ringrazio i miei genitori, Angelo e Luisa. Mi sono sempre stati vicini e hanno avuto il coraggio di lasciarmi andare a 13 anni ad allenarmi con la federazione a Latina. Mi hanno trasmesso una grande serenità».