Chi vuole
uccidere il calcio

di Francesco De Luca
Domenica 12 Maggio 2019, 08:41
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C’è una bruttissima aria nell’Europa del calcio perché i club più potenti hanno deciso di ispirarsi a modelli d’oltreoceano e di altri sport, tentando di raggiungere quei fatturati ma calpestando le classifiche e i meriti dei club e le passioni dei tifosi. C’è chi vuole ucciderlo, questo calcio, in funzione del business, che porterebbe dal 2024 le regine del pallone a costruirsi un proprio campionato continentale.

E questo giocando perfino nei weekend (mortificando i campionati nazionali), per spartirsi il doppio o il triplo dei ricavi che genera attualmente la Champions League (3,2 miliardi a stagione, si punta ad arrivare a 7/10).

È scattato l’allarme delle leghe calcistiche europee e a Madrid nei giorni scorsi vi è stato il raduno dei rappresentanti di 200 club per affrontare il delicatissimo tema. Il più tenace in questa battaglia con la Eca - l’associazione presieduta da Agnelli, numero uno della Juventus - è Cairo, presidente del Torino, che senza mezzi termini ha definito questa «la guerra civile del calcio» (un personale derby per lui) perché è in gioco la sopravvivenza del sistema, se si ritiene che in una competizione – nazionale o internazionale che sia – debbano esservi pari diritti. Contrario a questo progetto, che vedrebbe il passaggio da 2 a 3 competizioni con un regolamento vicino a quello della «Nations League» delle nazionali, anche il presidente del Napoli, De Laurentiis: tra i club italiani coinvolti nel piano «Super Champions» il suo non c’è e per questo dovrebbe essere a capo di un’altra corrente, che vuole il rinnovamento ma non a vantaggio di pochi. Il presidente dell’Uefa, Ceferin, assicura di essere il mediatore tra gli interessi della Eca e delle leghe europee, tuttavia il dossier pubblicato ieri dal «Corriere della Sera» lascia pensare ad altro: a un’intesa già raggiunta per una rivoluzione che creerà gravi, inaccettabili e irrimediabili sperequazioni. La prova della verità tra pochi giorni, in occasione della riunione delle federazioni europee, convocata a Budapest.

Dall’Italia all’Europa sembra che si stia facendo di tutto per uccidere il calcio. La serie A è diventata imbarazzante, con la Juve che vince da otto stagioni ininterrottamente e domina la scena grazie alla sua incontrastabile forza economica: di fronte a questo strapotere, forse attenuabile se vi fosse l’introduzione dei playoff, si fa finta di niente perché ci sono tre posti disponibili in Champions. Ma dal 2024 i criteri possono cambiare e la classifica del campionato non conterà. Agnelli si è alleato con altri grandi club continentali - e al suo fianco vi sono Inter, Milan e Roma, assenti al vertice della scorsa settimana a Madrid - e vuole imporre la legge del più forte anche sul fronte europeo, dove per inciso la Juve ha fatto magre figure (e questo incide sotto l’aspetto del business). Mesi fa De Laurentiis si era chiesto cosa ci facesse il Frosinone in serie A, suscitando l’ira del collega Stirpe: dovrebbero essere rispettati tutti i club e i ragionamenti non possono essere sempre e soltanto di natura economica. Adesso ad esempio, a livello europeo, si vogliono mortificare tante squadre, perché l’idea di Agnelli&co. è riservare i posti come in un ristorante di lusso: l’Eurolega di calcio simile a quella di basket in cui vengono concesse licenze pluriennali. Il punto di mediazione potrebbe essere una mutualità più elevata per i club esclusi dal Circus: un risarcimento o piuttosto un’elemosina?

Cairo ha indicato un importante modello, quello della Premier League. Non perché ci sono 4 squadre che giocheranno le finali di Champions ed Europa League o potenti gruppi finanziari che hanno acquisito le proprietà (con annessi stadi). Il patron del Torino avrà pensato alla favola diventata realtà del Leicester, la squadra che vinse la Premier nel 2016. Questo accadde perché vi era a capo del club il ricchissimo thailandese Srivaddhanaprabha, morto nello scorso autunno a bordo del suo elicottero, ma anche perché in Inghilterra vi è una distribuzione più equa dei diritti televisivi (3 miliardi annui contro l’1,1 della serie A), come ricordò Ranieri, attento a non attribuirsi troppi meriti per quel trionfo. I magnati del calcio, invece, seguono altre logiche, volendo trasferire sul palcoscenico internazionale quanto accade nei campionati più importanti, con i successi dei soliti noti. Anzi, a partire dal 2024 (se l’Uefa avallerà il piano della Eca), quanto accadeva, perché i tornei nazionali sarebbero di fatto cancellati da queste 3 competizioni. In un intervento a Radio Crc il vicepresidente dell’Uefa, Uva, ha garantito che la riforma rispetterà le competizioni, i club e le tifoserie. «La Superlega porterebbe via 4 o 5 squadre più forti di ogni nazione privando i campionati nazionali di questi club. E l’Uefa ha il dovere di tutelare i campionati nazionali», ha dichiarato il dirigente. Ovvio ma non scontato, perché la pressione della Eca è notevole e principi elementari e solidi potrebbero essere messi in discussione.

Non si compia questo ennesimo scempio ai danni del calcio: immagine e ricchezza si migliorano non soltanto ad alti livelli, ma anche considerando la base. «I migliori devono giocare sempre con i migliori», lo sprezzante slogan di Florentino Perez, il presidente del Real Madrid e tra gli ispiratori di questa rivoluzione che va respinta anche dalle forze politiche comunitarie perché viene meno il principio di equità che deve esistere, ed essere difeso, in una competizione sportiva. Non si può sempre accettare questa arroganza, in Italia come in Europa. Sarebbe ingiusto non considerare gli sforzi e i meriti delle squadre. Si prenda la classifica di serie A a tre giornate dalla fine: passasse la Super Champions dal 2024, due delle prime 4 classificate - Napoli e Atalanta - non potrebbero aspirare a partecipare alla più importante delle competizioni internazionali perché sarebbe blindata. Assoluta ingiustizia.
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