Prima sulla panchina del Torino, con cui rischiò di vincere lo scudetto.
Poi su quelle di Milan, Roma e Cagliari, solo per citare le più importanti. Alla guida del Toro, squadra sanguigna come lui, divenne 'l'allenatore col colbaccò, che usava non come vezzo ma perché, lui cresciuto nel clima mite della Sardegna, non sopportava il freddo delle città del nord. Così cominciò a coprirsi la testa con il colbacco regalatogli da un suo amico che era stato nell'Unione Sovietica. Quel colbacco divenne, poi, il suo copricapo preferito. Raccontava Giagnoni: «eravamo partiti bene, poi una flessione. Nel frattempo era arrivato l'inverno e misi il colbacco. Subito iniziarono le vittorie. Lo tenni per ripararmi dal freddo e anche un pò per scaramanzia». Proprio il Torino ha voluto rendergli un affettuoso omaggio, ricordandone la «profonda umanità e il temperamento sanguigno». «Erano - si legge su torinofc.it - gli anni del tremendismo granata e lui, l'allenatore con il colbacco, seppe esaltare quell'orgoglioso senso di appartenenza sfiorando con il Toro lo scudetto nella stagione 1971-72 e ponendo le basi per la vittoria del campionato nel 1976. In carriera - conclude la nota - ha forgiato generazioni di giocatori: nel 1982-83, a Cagliari, anche Walter Mazzarri che oggi lo ricorda con grande riconoscenza».