E' morto Gustavo Giagnoni storico allenatore «col colbacco»

E' morto Gustavo Giagnoni storico allenatore «col colbacco»
di Redazione Sport
Mercoledì 8 Agosto 2018, 11:23 - Ultimo agg. 14:35
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Tutti lo ricordano come l'allenatore con il colbacco, alla guida di un Torino che sfiorò lo scudetto ed eroe del popolo granata per una scazzottata con Causio durante un derby. Al Milan, invece, Gustavo Giagnoni, scomparso ad 85 anni, ebbe il coraggio di mettere fuori squadra il 'golden boy' Rivera mentre alla Roma valorizzò Agostino Di Bartolomei ma non fu capace di capire fino in fondo la grandezza di Bruno Conti, che con lui giocò solo 17 partite. Erano i tempi di Musiello, indimenticabile 'bidonè della storia romanista. Ma la storia calcistica di Giagnoni comincia molto prima, in piazzetta Santa Croce nel cuore del centro storico di Olbia. Lì, con gli altri bambini, Gustavo (ottavo di 13 figli) trascorre intere giornate correndo dietro a un pallone fino ad arrivare a giocare nella squadra della sua città, l'antica Terranova. Poi, una volta capito che il calcio poteva diventare un lavoro, il salto in continente, al Nord, per diventare giocatore di quel Mantova che, per il suo modo di giocare, venne ribattezzato 'piccolo Brasilè. A Mantova, in serie D, capitan Giagnoni e compagni compirono un miracolo arrivando, nel giro di cinque anni, fino alla promozione nella massima serie. Ma Giagnoni deve la propria fama più a quanto fece da allenatore.

Prima sulla panchina del Torino, con cui rischiò di vincere lo scudetto.
Poi su quelle di Milan, Roma e Cagliari, solo per citare le più importanti. Alla guida del Toro, squadra sanguigna come lui, divenne 'l'allenatore col colbaccò, che usava non come vezzo ma perché, lui cresciuto nel clima mite della Sardegna, non sopportava il freddo delle città del nord. Così cominciò a coprirsi la testa con il colbacco regalatogli da un suo amico che era stato nell'Unione Sovietica. Quel colbacco divenne, poi, il suo copricapo preferito. Raccontava Giagnoni: «eravamo partiti bene, poi una flessione. Nel frattempo era arrivato l'inverno e misi il colbacco. Subito iniziarono le vittorie. Lo tenni per ripararmi dal freddo e anche un pò per scaramanzia». Proprio il Torino ha voluto rendergli un affettuoso omaggio, ricordandone la «profonda umanità e il temperamento sanguigno». «Erano - si legge su torinofc.it - gli anni del tremendismo granata e lui, l'allenatore con il colbacco, seppe esaltare quell'orgoglioso senso di appartenenza sfiorando con il Toro lo scudetto nella stagione 1971-72 e ponendo le basi per la vittoria del campionato nel 1976. In carriera - conclude la nota - ha forgiato generazioni di giocatori: nel 1982-83, a Cagliari, anche Walter Mazzarri che oggi lo ricorda con grande riconoscenza».
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