Mazzoleni, la «regola 18»
tradita con Koulibaly a Milano

Mazzoleni, la «regola 18» tradita con Koulibaly a Milano
di Francesco De Luca
Domenica 16 Giugno 2019, 08:54
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Le regole del gioco del calcio sono 17. L'arbitro Paolo Mazzoleni ne ha aggiunta una diciottesima. «Buonsenso. La mia regola diciotto non è scritta, non va interpretata. Bisogna sentirla dentro, in una piccola stanza del cuore», scrive nel libro «La mia regola 18» (Absolutely Free Editore, pagg. 235, euro 18), scritto con i giornalisti Giorgio Burreddu e Alessandra Giardini. Un racconto in cui il 45enne arbitro bergasco, appena ritiratosi, parla della sua carriera, delle sue passioni per i tatuaggi e la Fortitudo Bologna Basket, del suo dramma: è riuscito coraggiosamente a tirare fuori il cartellino rosso davanti al tumore e ad espellerlo dalla sua vita.

Regola 18, il buonsenso. Quello che mancò a Mazzoleni il 26 dicembre al Meazza durante Inter-Napoli, quando mostrò il rosso a Koulibaly che gli aveva rivolto un applauso dopo un'ammonizione, un gesto di rabbia per i cori razzisti. L'arbitro non applicò quella sera la sua «regola 18» e non sorvolò sul gesto di uno dei giocatori più corretti al mondo: lo espulse. Mazzoleni, che in un'intervista al quotidiano «Eco di Bergamo» ha recentemente indicato i calciatori simpatici e meno simpatici (e tra questi ultimi ha inserito l'ex capitano azzurro Hamsik), ricorda: «Tiro fuori il cartellino giallo e all'improvviso Koulibaly alza le mani al cielo e si mette ad applaudire platealmente. Applico il regolamento e gli faccio vedere il cartellino rosso. Apriti cielo. I giocatori del Napoli mi accerchiano, mi urlano che il loro compagno si stava rivolgendo agli spalti, quelli erano applausi ironici contro i cori razzisti. Non è quello che ho visto io: Koulibaly ha applaudito rivolto a me, mi ha anche detto bravo e il regolamento non lascia spazio a interpretazioni. L'arbitro non è uno degli attori della partita, è quello che deve decidere come giudicarla, che fa applicare le regole e che garantisce il rispetto». Mazzoleni non si aspettava tutto quel clamore, anche perché prima della partita era stato investito durante gli scontri tra tifosi Daniele Berlardinelli, ultrà varesino poi morto. Di Koulibaly, ricorda l'ex arbitro, parlò anche con gli amici napoletani titolari di una pizzeria a Bergamo.

 

«Tifosissimi del Napoli, mi raccontano che erano anche loro a San Siro e sono stupiti del fatto che si parli più di Koulibaly che dell'uomo che è morto. Mazzo, dicono che avresti dovuto sospendere la partita. Ma tre settimane fa, qui a Bergamo, cosa avrebbero dovuto fare?. Purtroppo il razzismo è un problema serio, ragazzi».
Nel libro si ricorda un'altra gara del Napoli che suscitò polemiche: la finale di Supercoppa 2012 contro la Juventus a Pechino. Le espulsioni di Pandev e Zuniga, un rigore dubbio concesso ai bianconeri, la sconfitta che spinse gli azzurri a disertare la premiazione. «A un certo punto sento uno dei miei assistenti gridare nell'auricolare. «Insulto, insulto!». Mi giro e vedo Stefani con la bandierina alzata. Indica Pandev. Io non posso far altro che estrarre il cartellino rosso. Dopo Pandev mando negli spogliatoi anche Zuniga per un fallo di reazione e poi allontano anche Mazzarri per proteste. Le squadre vanno ai supplementari. Alla fine vince la Juventus per 4-2. Il Napoli non si presenta alla premiazione. So già che questa diventerà una bufera. In albergo analizzo la partita fotogramma per fotogramma, riavvolgo il nastro nella mia testa. L'espulsione di Zuniga: da regolamento. Il rigore alla Juve: solare. L'unico episodio su cui si può discutere è il rosso a Pandev. Mi chiedo se avrei fatto meglio a far finta di non sentire, ma non potevo giudicare pensando alle conseguenze della nostra decisione, a quello che sarebbe stato detto o scritto. Il nostro obiettivo non è uscire bene da una partita, è uscire stando nel giusto».
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