Martedì 20 Febbraio 2018, 15:14 - Ultimo agg. 15:20
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«Essere anche coinvolto nell'incidente è stata una cosa devastante. Difficile da superare personalmente, ma non ho mai pensato di smettere». Valentino Rossi torna con queste parole sull'incidente mortale di Marco Simoncelli che lo ha visto coinvolto nel Gp di Malesia dell'ottobre 2011. «Mi è dispiaciuto però essere lì -aggiunge il 'dottorè alla rivista 'Riders'-. Magari se fossi stato due moto più avanti sarebbe stato un pò più facile, ecco. Però con il tempo passa tutto e quando penso al Sic ho solo ricordi positivi. Alla fine è andata così e non ci si può fare niente. Con lui eravamo molto amici, stavamo insieme quasi tutti i giorni, almeno cinque, sei giorni a settimana. Quasi sempre, finito l'allenamento, andavamo a cena a casa di Carlo (Casabianca, il preparatore atletico), con il Sic che portava il sushi e che ne mangiava il doppio di noi e noi che lo mandavamo affanculo. Era bello». «Sono andato avanti per amore. Sennò avrei già smesso. Perché una situazione come quella dell'incidente di Marco non la superi. Ero già grande, avevo vinto dei Mondiali, potevo dire basta. Ho cercato di dividere le due cose, il dolore e quello che si deve fare per superare. Poi ho pensato alla carriera, che volevo continuare, volevo tornare in Yamaha e tornare a vincere», conclude Rossi.

È impressionante quello che fa Marquez, anche perché non cade più...Elettronica o cosa? L'anno scorso si è salvato talmente tante volte che non può più essere un caso.
Per prima cosa, secondo me lui si è adoperato per migliorare questa tecnica. Il suo stile di guida lo aiuta. Non so se è naturale o ci ha lavorato. Lui mette il suo corpo fra la moto e l'asfalto, usandolo come un 'piozzò per non cadere. Prima di lui non era mai successo. Secondo me non è l'elettronica, ma la moto. A Pedrosa quando gli succede, cade. È la moto, secondo me, che è fatta in un modo che quando la ruota davanti si chiude continua comunque ad appoggiare». Valentino Rossi spiega così la capacità del campione del mondo in carica della MotoGp Marc Marquez di non cadere pur guidando al limite. «Questo succedeva anche prima di Marquez, a Stoner, per esempio -aggiunge il 39enne marchigiano della Yamaha alla rivista 'Riders'-. Pensiamo anche all'incidente del Sic, con la moto che ha continuato a curvare...Un'altra moto, tipo la nostra, se chiude davanti, la ruota tocca la carena e non la tiri più su. La Honda, magari per il V, tende a rimanere appoggiata per terra. Quindi Marquez, gli è successo una volta, due, tre e alla fine si è inventato un modo per ritirarla su».
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