Quando agli inizi del 1600 fu posata la prima pietra per la mastodontica chiesa di Santa Maria della Sapienza a via Costantinopoli, nel cuore della Napoli antica, l'edificio di culto doveva essere solo una parte di un ancora più grande complesso religioso destinato ad accogliere e ad istruire i figli delle famiglie povere dell'epoca. All'epoca del suo massimo splendore il complesso era costituto non solo dalla splendida chiesa sulla quale, tra gli altri, avevano prestato la loro opera artisti del calibro di Cosimo Fanzago, Dioniso Lazzari e Belisario Corenzio, ma da un enorme monastero che ospitava decine di religiosi. Lo sventramento della Napoli antica voluto alla fine dell'800 durante il periodo storico conosciuto come Risanamento colpì duramente anche l'intero complesso di Santa Maria della Sapienza, con la distruzione pressochè totale del monastero - che avrebbe fatto posto agli edifici conosciuti oggi come Policinico Vecchio - e la minaccia di demolire anche l'antica chiesa. Solo la ferma opposizione dell'intellighenzia napoletana dell'epoca, capeggiata da Benedetto Croce, impedì all'allora sindaco Luigi Miraglia di compiere per intero l'opera.
Probabilmente però nemmeno Benedetto Croce e i suoi feroci articoli di protesta sulla rivista “Napoli Nobilissima” oggi riuscirebbero a salvare la chiesa seicentesca dal degrado a cui è condannata da decenni.
Cuscini, cartoni di vino, bottiglie di birra, avanzi di cibo e persino pezzi di mobilio e capi di abbigliamento oggi restituiscono una terribile immagine di una chiesa monumentale che meriterebbe ben altra considerazione e che, invece, sembra essere condannata ad una agonia senza fine. La chiesa, di proprietà dello Stato attraverso il Fondo Edifici di Culto, è solo una delle innumerevoli chiese e chiesette partenopee abbandonate e senza speranza.
Eppure per la chiesa di Santa Maria della Sapienza una speranza di rinascita c'è. Dopo anni di battaglie e di proteste per il lento decadimento dell'edificio che, con il passare dei decenni, è stato letteralmente spogliato di qualsiasi oggetto di valore, negli scorsi mesi è stato stanziato un fondo di circa tre milioni di euro per gli interventi di restauro. Una somma che, probabilmente, non basterà a coprire i danni fatti dagli uomini e dallo scorrere del tempo, ma che rappresenta comunque una base di partenza. La gara bandita da Invitalia è stata chiusa ufficialmente lo scorso mese di luglio ma ad oggi si attendono ancora tempi certi per la realizzazione degli interventi previsti dal bando: ripristino della funzione religiosa dell'edificio, interventi di adeguamento dell'accessibilità dell'edificio e, soprattutto, consolidamento generale della struttura che da troppo tempo aspetta di tornare alla vita.
Le uniche forme di vita che popolano il sagrato della chiesa seicentesca oggi sono solo i senzatetto che hanno dato vita ad una discarica che costringe i passanti - napoletani e turisti - a tenersi alla larga dai terribili miasmi e dal ben poco edificante spettacolo di una chiesa semi-dimenticata che più di cento anni fa è stata salvata per miracolo dal piccone di un sindaco che ai giorni nostri rischierebbe di ricevere una formale accusa per reati contro il patrimonio.