Bimba uccisa dal papà, la moglie:
«Avrei dovuto lasciarlo prima»

Bimba uccisa dal papà, la moglie: «Avrei dovuto lasciarlo prima»
di Francesco Gravetti
Martedì 16 Luglio 2019, 23:00 - Ultimo agg. 17 Luglio, 12:02
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Un fine settimana di liti, di nervi tesi e accuse reciproche. E Agnese che confida a chi le sta vicino: «Avrei dovuto lasciarlo, dovevamo separarci». I giorni che hanno preceduto il tragico gesto di Salvatore Narciso, che lunedì mattina verso le 12 ha lanciato dalla finestra, uccidendola la figlia Ginevra di soli 16 mesi, prima di buttarsi lui stesso, sono stati terribili. Lui e la moglie Agnese D’Avino, medico, non hanno fatto che litigare. Erano a mare, a Capaccio, nella casa di proprietà di Lisa Bifulco, la madre di Agnese. E anche lì, nonostante il sole e l’atmosfera da relax, il clima era stato tutt’altro che sereno. Erano venuti al pettine i nodi di una relazione difficile, evidentemente al capolinea. Più volte quella breve vacanza stava per essere interrotta: non aveva alcun senso rimanere nel Cilento a quelle condizioni, con quel nervosismo che affiorava in continuazione, tanto valeva tornare a casa. Il ritorno a San Gennaro Vesuviano, però, era avvenuto solo nella tarda serata di domenica.

 

LA SEQUENZA
Le discussioni, poi, erano proseguite il giorno dopo, quel tragico lunedì, fino all’assurdo gesto avvenuto nella casa di via Cozzolino, a ridosso del centro cittadino. Proprio qui, in questa sorta di villetta su due piani, si sta consumando il dolore della famiglia della piccola Ginevra. C’è un viavai di gente, amici e parenti che vanno avanti e indietro, conoscenti soprattutto di Lisa Bifulco, proprietaria dell’abitazione ed ex assessore all’istruzione, donna molto stimata in città. Portano le loro condoglianze, fanno sentire la loro vicinanza. E raccontano di una famiglia distrutta, di parole dette a mezza voce ma anche di lunghi silenzi, di incredulità. Agnese, la madre della piccola Ginevra, alterna momenti di rabbia ad altri di assoluto sconforto, quasi di assenza. E quando parla, ripete: «Dovevamo lasciarci, la nostra storia doveva finire». Qualcuno giura di averle anche sentito dire «in fondo ci volevamo bene», ma è un attimo, probabilmente figlio dello stato confusionale. Le altre, pochissime parole, sono tutte di rancore verso quell’uomo che le ha portato via la figlia con un gesto inspiegabile. 

IL TENTATIVO DI RIANIMARE
Del resto, come confermato dai soccorritori e dalle forze dell’ordine, Agnese era in casa quando Ginevra è morta. Non ha visto la scena, stava caricando la lavatrice perché proprio il marito le aveva detto di lavare un lenzuolo che si era sporcato di latte. Forse un modo per allontanarla da lui, per agire indisturbato. Agnese, poi, ha sentito un tonfo e si è precipitata in giardino. Ha anche provato, da medico, a tentare di rianimare la figlioletta. Poi, stremata, si è arresa. I medici del 118 hanno dovuto soccorrere anche lei, sopraffatta dal dolore, oltre che il marito Salvatore. Per Ginevra, invece, già non c’era più nulla da fare. Chi ha visto quel corpicino riverso a terra, dopo un volo di decine di metri, racconta una scena straziante. Agnese, dunque, avrebbe confermato ad amici e parenti che con Salvatore era in corso un dialogo piuttosto conflittuale e che parlavano ormai apertamente di separazione. Resta il mistero sulle motivazioni della distanza tra i due, ignote anche perché vivevano a Caserta e quando venivano a San Gennaro Vesuviano tentavano di tenere nascosto le ostilità. Si tratta di voci raccolte in giro, anche perché a San Gennaro Vesuviano non si parla d’altro: nei bar, in piazza Margherita, nei negozi.

Loro, i familiari della piccola Ginevra, non parlano. La professoressa Lisa è cortesissima nel negarsi, ma ferma: impossibile scambiare qualche parola con lei. L’ex marito, Michele D’Avino, fuori casa sua quasi implora: «Cercate di comprendere il nostro dolore, lasciateci in pace».

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