Geolier all'Università di Napoli, l’ira di Gratteri: «È un modello sbagliato»

«Test psico-attitudinali ai magistrati? Facciamoli anche a politici e governanti»

Geolier all'Università di Napoli, l’ira di Gratteri: «È un modello sbagliato»
Geolier all'Università di Napoli, l’ira di Gratteri: «È un modello sbagliato»
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 27 Marzo 2024, 23:02 - Ultimo agg. 28 Marzo, 17:12
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Nicola Gratteri non arretra. Chi conosce bene il procuratore della Repubblica di Napoli sa che non le manda a dire, e sebbene precisi nel corso di una conferenza stampa di non avere attaccato nessuno - e tanto meno l’istituzione universitaria Federico II - ricostruisce la dinamica del dibattito aperto sulla presenza di Geolier ad un incontro con gli studenti universitari a Scampia. «Non si è fatto il nome di nessuno, non mi sono scontrato con nessuno», spiega ai giornalisti, a margine di una conferenza stampa convocata per illustrare gli sviluppi di un’inchiesta che ha consentito di far luce su un delitto avvenuto 24 anni fa; e in relazione all’invito a presenziare a quell’incontro puntualizza: «L’ho appreso dalla stampa: ho 66 anni e non si invita una persona così, c'è modo e metodo».

Di qui la spiegazione di una presunta polemica con i vertici dell’Ateneo: «Il padre di uno studente mi ha chiesto cosa pensassi dei rapper invitati all’Università, e io ho mostrato disappunto in relazione a coloro che nei video inneggiano a violenza, mafie e droga. Non si è fatto il nome di nessuno, la stampa ha parlato di scontro, ma Gratteri non si è scontrato con nessuno.

Sono il procuratore di Napoli e parlo con tutti, anche con l’ultimo degli ultimi: è una questione di stile e di comportamento, e vorrei che noi tutti, che ci sentiamo istruiti e dei modelli, con i nostri comportamenti aiutassimo il territorio ad essere più libero ed evoluto».

Gratteri non si sottrae alle domande anche su uno dei temi che agita in queste ore la magistratura: quello degli esami psicoattitudinali che il governo ha approvato, e che dovrebbero entrare in vigore a partire dal 2026. E anche in questo caso è chiaro e diretto. «Se vogliamo farli, i test psicoattitudinali dovrebbero essere fatti sui magistrati ma anche per tutti i settori apicali della pubblica amministrazione, per chi ha responsabilità di governo e per chi si occupa della gestione della cosa pubblica. E visto che ci troviamo, dovremmo fare anche narcotest e alcooltest, poiché chi è sotto l’effetto di droghe e alcool può fare non soltanto ragionamenti alterati, ma anche cedere facilmente, se si trova sotto ricatto».

A stretto giro, in serata, alle affermazioni del numero uno dell’ufficio inquirente napoletano risponde il vice-premier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Non capisco l’agitazione, non si fanno test a un magistrato che è già magistrato ma si fa a chi vuole fare magistrato. Come l’esame di inglese e di diritto amministrativo, faranno anche quello psicoattitudinale». Chiaro il riferimento alle parole pronunciate qualche ora prima da Gratteri. «Non c’è violazione dell’autonomia della magistratura - ha concluso - ci sarebbe interferenza se si facessero ai magistrati. È nell’interesse della magistratura che non ci siano persone con problemi psicologici, se sei narcisista puoi peccare di protagonismo».

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Ma è un Gratteri a tutto campo, che non si sottrae anche ad altri commenti e valutazioni. Anche sul clima di omertà e di silenzi che continuano a favorire la criminalità comune e soprattutto organizzata. «A Napoli - spiega - c’è ancora questa cappa che non giova a nessuno. Proprio per questo, però, io credo che tutti, a cominciare da noi magistrati, come anche dalle forze dell’ordine, forse dobbiamo essere più credibili, ancora più seri: perché non è importante solo essere onesti, ma anche apparire tali. La gente si deve fidare di noi, e i nostri comportamenti privati devono essere irreprensibili». E fa un esempio calzante: «Se l’usurato o il soggetto sottoposto a estorsione mi vede nella vita privata in modo non adamantino, allora io perdo in potenza e in forza, e dunque perdo credibilità».

Ma Napoli, prosegue il procuratore, sa dare anche segni importanti di riscatto: «Qui c’è un buon volontariato, un settore molto attivo che sto conoscendo e apprezzando. Certo, bisogna fare di più impegnarsi ancora e soprattutto non farsi la guerra tra le varie associazioni. C’è tanto da fare anche sul piano dell’istruzione e della cultura: e sebbene qui a Napoli ci sia grande cultura e fioritura di iniziative, sebbene sia la città nella quale si vendono più biglietti per andare al teatro, c’è però ancora anche tanta ignoranza da combattere. Qui ho conosciuto anche eccellenti centri filosofici, e tutto questo dimostra che Napoli è una città effervescente, ma al contempo c’è un’arretratezza culturale di tanti, che emerge anche dai social».

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