Niente sconti ai nerazzurri
per una sera «come la Juve»

Niente sconti ai nerazzurri per una sera «come la Juve»
di Pietro Treccagnoli
Sabato 21 Ottobre 2017, 22:59 - Ultimo agg. 23:00
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Mai così in alto, ma con tanti punti in campo. Prima contro seconda. Con due punti a mantenere la distanza tra Napoli e e Milano, tra azzurro e nerazzurro, tra Lumbard e Borbone ragù e risotto, con l’azzurro che deve cancellare il nero per colorare tutto di cielo nel quale annariarsi e continuare a gridare tutti dall’alto in basso, andando a comandare. Napoli-Inter, nel cuore dei tifosi, persino in quelli tiepidi, è seconda solo alla sfida con la Juventus. Sebbene le curve si rilanciavano il pesante sfottò: «Come la Juve, voi siete come la Juve».

Amatevela voi, insomma. Era e resta, per la tifoseria piu tignosa, ancora e sempre Sud contro Nord, perché Napoli se ne cade pure di interisti, non solo nella generazione che ha vissuto le epopee di Mazzola, Suarez e Corso che ancora tirano fuori quando serve nelle scazzottate sui social, ma pure di cresciuti con Rummenigge e Ronaldo. L’interista napoletano è piu snob, ma più pervasivo e gode di una maggiore benevolenza rispetto ai piemontesi bianconeri. Ma stavolta era la volta. La volta buona e la volta della svolta. L’uno-ics-due ieri sera al San Paolo significa o la «manita» in classifica, cinque punti di distacco, la fuga, il record oppure un vantaggio da controllare oppure il maledetto sorpasso.

Il cuore azzurro era in preda a un caos calmo, scosso ogni tanto da qualche botto prenatalizio lanciato dalla curva A, a compensare le coreografie mosce, ai limiti dell’insistenza. Per gli accaniti delle statistiche la sfida di ieri sera era la duecentesima partita in notturna dell’era De Laurentiis (tutto compreso dalla C alla Champions, dalle stalle alle stelle), ma pure la centesima di Hysaj d’Albania con i colori del Napoli e la centocinquantesima di Ghoulam d’Algeria. La tribuna d’onore non esibiva tanti Vip. Tra gli habitué spiccava uno dei propritari cinesi della Beneamata, mister Zag che oltre a seguire attentamente le azioni in campo non si lasciava abbagliare dalla testa lucida di Spalletti.

Non è voluto mancare Stefano Accorsi che sta a Ischia sul set di Muccino. Gli è bastato un aliscafo. Sempre dall’Isola verde è arrivato pure il piccolo Ciro, il bambino-eroe salvato dalle macerie del terremoto di Casamicciola. L’ha invitato il Napoli, esaudendo un suo grande desiderio. Nel prepartita Maggio gli ha regalato una maglia autografata da tutta la squadra e un gagliardetto. Alle 20 in punto sul prato verde si è materializzato Reina. Un saluto alla curva che ha ricambiato con la prima ovazione della giornata. A stretto giro ce ne sarà un’altra inframmezzata con un coro di incitamento, rivolto a tutti gli uomini di Sarri, roba degna del «Trono di Spade»: «Devi vincere, devi vincere». Winter is coming, l’inverno sta arrivando, ma l’Inter va fermata. Inter is stopping. Poco prima del calcio d’inizio sulla curva B hanno aperto uno striscione: «Ciao Peppeniello».

Ultimo saluto per Giuseppe Massa, scomparso qualche giorno fa, ala destra degli anni Settanta, quando il Napoli era allenato dal «Lione» Vinicio. A lui è stato dedicato anche un minuto di silenzio, che dura pochi secondi per sciogliersi in un lungo applauso che stempera la tensione e dà fiato ai cori che rimbalzano da una curva all’altra con il solito duello intonato che non si ferma nemmeno quando la porta nerazzurra è bersagliata dalle cannonate del magic team. Fischi di prammatica quando l’Inter si faceva insidiosa e un tam tam da giungla tropicale quando trottolino Insigne, capitan Marek e compagnia bella sgusciavano come anguille tra le maglie più nere che azzurre.

E giù applausi comme il faut quando la palla incantata e incatenata sembrava essere quella buona, ma che, maledetta lei, non entrava e non entrava. Per il grande evento Fuorigrotta non era neanche particolarmente blindata. A scanso di ammuina il pullman dell’Inter l’hanno fatto comunque entrare dall’ingresso secondario. L’aria che si respirava, come da tempo al San Paolo, era tranquilla. Bandana e porchetta, borghetti e sambuca. Lunghe file già dalle quattro del pomeriggio, ordinate che si snodavano come serpentoni di chiacchiere e invitazioni. Il tifo organizzato, certo. Ma tante famiglie, ragazzini bardati con i colori azzurri e con le magliette con i nomi e il numero del proprio campione personale. Gli spacciatori di sciarpe marcavano stretto. E provavano a smerciare i fondi di magazzino: «Napoli-Feyenoord solo due euro».

Prezzo di realizzo e può venir buono per la sfida di ritorno in Olanda. Tutt’attorno allo stadio andava in onda il consueto festival del selfie. Tu scatti a me, io scatto a te. Da solo, insieme, in gruppo. Una giovane coppia, fidanzatini di Peynet aggiornati ai tempi del pallone, si faceva immortalare con un bacio appassionato, mostrando il biglietto d’ingresso. E via in Rete. Come Andrea, uno scricciolo con una mezza cresta in testa, comodamente seduto sulle spalle di papà, con maglietta azzurra d’ordinanza, pronto a incitare il suo idolo Marek Hamsik. Quale occasione migliore di una classica, una partita di cartello come questa. Massimiliano Presta e Cristian Laporta sono arrivati, invece, da Taranto. Il primo è un napoletano della diaspora pugliese e tifa Napoli.

Il secondo è tarantino doc e tifa Inter.
Il diavolo e l’acqua santa. Cristian si presta con Presta a «selfarlo» mentre allarga le braccia rivolto allo stadio e fa risaltare il grande 10 di D10s sulla felpa azzurra. Ma, una volta entrati, che fate, vi separate? «Ma non mi mimetizzerò tra i napoletani. Provando a non esultare quando sarà il momento». «Il momento non ci sarà, stai sereno Cristian»: Massimiliano liquida preventivamente i rischi. Sarà stata pure Napoli-Inter, ma un terzetto di scugnizzi si mette in posa con la sciarpa più amata dagli ultras: «Juve m...». È vero ci vuole ancora tempo per vedere i bianconeri a Fuorigrotta, ma è meglio calare il tre a terra.
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