L'attrice e regista Sibilla Barbieri, malata oncologica terminale che aveva espresso il desiderio di morire nell'appartamento romano dove viveva, è dovuta andare in Svizzera, oltre il confine di quell'Italia che le ha negato il diritto al suicidio assistito. La 58enne si è autosomministrata il farmaco letale in una clinica, riuscendo solo così a esaudire le sue volontà. Secondo la Asl Roma 1, infatti, non possedeva tutti e quattro i requisiti previsti dalla sentenza della Corte costituzionale per poter accedere legalmente alla morte volontaria assistita. In particolare, l'équipe medica multidisciplinare dell'azienda sanitaria locale ha ritenuto che alla donna mancasse il requisito della dipendenza da trattamento di sostegno vitale. Sibilla Barbieri era invece dipendente da ossigenoterapia e da farmaci per il dolore che, se interrotti, avrebbero portato velocemente a una morte dolorosa. Per questo ha deciso di intraprendere il suo ultimo viaggio verso la Svizzera, insieme al figlio, a Marco Perduca e Marco Cappato dell'Associazione Luca Coscioni, che oggi si presenteranno alla caserma dai carabinieri di via Barberini, a Roma, con l'obiettivo di autodenunciarsi per l'assistenza al suicidio offerta all'attrice (rischiano fino a 12 anni di carcere) e per denunciare l'azienda sanitaria locale.
Le verifiche
«Con il team legale che coordino - spiega l'avvocatessa Filomena Gallo - abbiamo seguito Sibilla Barbieri sollecitando l'Asl Roma 1 ad effettuare le verifiche sullo stato di salute della nostra assistita e a procedere come indicato dalla sentenza di incostituzionalità della Corte costituzionale sul caso Cappato-Antoniani. I dirigenti dell'azienda sanitaria hanno predisposto le verifiche e inviato un diniego di accesso all'aiuto alla morte volontaria perché, secondo una commissione aziendale istituita ad hoc, la persona malata non dipendeva da trattamenti di sostegno vitale». Al diniego non sarebbe stata allegata la relazione medica e neppure il parere del Comitato etico competente, documenti che l'Associazione Luca Coscioni aveva richiesto. «Dopo avere verificato con il dottor Mario Riccio la documentazione medica, è emerso che invece la Barbieri era sottoposta a plurime forme di sostegno vitale. Motivo per cui - precisa l'avvocatessa Gallo - abbiamo presentato opposizione al diniego, informando i dirigenti dell'azienda sanitaria che la nostra assistita aveva intrapreso anche la procedura per andare in Svizzera, ma che avrebbe voluto concludere i suoi pochi giorni con i suoi cari in Italia. Non vi è stata nessuna risposta da parte dei dirigenti Asl». «Solo venerdì 3 novembre (quando Sibilla era già morta), abbiamo ricevuto il parere del Comitato etico che conferma la sussistenza per la paziente oncologica dei requisiti indicati dalla Corte costituzionale mentre apprendiamo dal verbale della commissione aziendale che non possono aderire al parere positivo del Comitato etico in quanto ritengono che non vi sia il trattamento di sostegno vitale. Spiace e mortifica leggere perfino "che le condizioni attuali non sono coerenti con sofferenze fisiche intollerabili"», conclude il legale.
«La commissione multidisciplinare - precisano dalla Asl Roma 1 - ha preso atto del parere preliminare consultivo del Comitato etico del 28 agosto 2023, ha esaminato gli atti e verificato le condizioni della signora, anche attraverso visita collegiale svoltasi il 19 settembre scorso.