La crisi demografica morde ma il Sud resta più dinamico

La Campania è seconda solo al Trentino-Alto Adige per la crescita naturale

La crisi demografica morde
La crisi demografica morde
di Fabrizio Galimberti
Giovedì 9 Maggio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 10 Maggio, 07:35
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Qualsiasi analisi dei vizi e delle virtù di un’area economica deve cominciare dalla demografia. Questa fattezza di un Paese o di una regione è alla base di tutto, ed è anche la più duratura delle fattezze: il futuro demografico è già scolpito nei dati di oggi, e cambia con una lentezza bradisismica. Il mese scorso l'Istat ha rilasciato il Rapporto annuale sul Benessere equo e sostenibile in Italia, e una delle tabelle, sugli Indicatori demografici per aree e per regioni, 2004 e 2023 è qui riprodotta.

Andremo ad analizzare la tabella, ma tiriamo fin d'ora le conclusioni sull'importanza di questi andamenti per la crescita del Sud d'Italia. Come detto sopra, parlando di «antichi vizi e nuove virtù» del Mezzogiorno, un'avvertenza è d'obbligo: proprio perché la demografia è una variabile lenta, una fotografia ad oggi riporta quello che era già insito nel passato prossimo: così come la demografia, come detto prima, ha già scolpito il futuro, il passato ha già scolpito il presente, e le antiche minorità risaltano di più. Nondimeno, è possibile scorgere alcune note positive. La crescita naturale della popolazione è negativa dappertutto, ma meno negativa nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord (CN). Così come più elevato, al Sud, è il tasso di fecondità (pur basso, rispetto a quello necessario per evitare la diminuzione nel numero di abitanti). Si stagliano i primati della Campania, che ha il dato migliore secondo solo al Trentino-Alto Adige per la crescita naturale.

Il tasso migratorio con l'estero non è calato al Sud, come nel resto d'Italia, segno che il Mezzogiorno è, relativamente, più gettonato. L'indice di vecchiaia è migliore al Sud rispetto al CN (e la Campania primeggia fra tutte le regioni). Difficile trovare, per le ragioni sopra dette, altre note positive. Ma, scavando nei dati, ecco una piccola consolazione: nell'annus horribilis del Covid (2020), i tassi di mortalità per demenza e malattie del sistema nervoso sono stati al Sud vedi figura molto più bassi che altrove! Speriamo che questo primato sia continuato anche dopo. 

Le crisi a raffica 

Ma torniamo a quel ventennio dal 2004 al 2023 che è stato certamente il più agitato del dopoguerra, segnato dapprima dalla Grande recessione (2008-2009), poi dalla crisi dei debiti sovrani (2010-2012), poi ancora dalla pandemia (2020-2021) e infine triste ciliegina dalla guerra in Ucraina (2022).

La prima cosa da osservare è che in vent'anni la popolazione italiana è aumentata solo del 2,4%, anzi è diminuita. Cioè a dire, quel modesto aumento (in media, 0,1% all'anno) è interamente dovuto agli immigrati, dato che la Crescita naturale (da nascite e morti, per mille abitanti) è negativa dappertutto. Per il Centro-Nord la (de)crescita naturale, che era del -0,5% nel 2004, si è portata al -5,0% nel 2023. Nel Mezzogiorno il +1,6% del 2004 è calato al -4,3% nel 2023. Il saldo fra nascite e morti è quindi, a oggi, meno negativo nel Sud, rispetto al CN. Come si spiega, allora, che il numero di abitanti del CN sia aumentato nel ventennio, e sia invece diminuito nel Mezzogiorno? Sono in gioco due fattori. Da un lato, anche se, come detto, il livello recente della (de)crescita naturale nel Sud è meno negativo, bisogna distinguere fra livello e dinamica: nello spazio del ventennio la crescita naturale del Mezzogiorno è calata di 5,9 punti, contro i 4,5 del CN. Il secondo fattore sta negli immigrati: il CN ha beneficiato maggiormente degli afflussi migratori: l'incidenza degli stranieri è passata dal 4,6 all'11,2% della popolazione, mentre nel Mezzogiorno l'aumento è stato più modesto: dall'1,2 al 4,5%. Comunque, tornando alla crescita naturale, la Campania presenta un dato consolante: -2,6, secondo solo al -1,1 del Trentino-Alto-Adige.

Le variazioni 

A proposito degli stranieri, la tabella fornisce un'altra interessante indicazione per quanto riguarda il Tasso migratorio con l'estero (nuovi iscritti meno nuovi cancellati, per mille abitanti): questo era a quota 9,3 nel 2004 per il CN, ed è fortemente calato, a 5,3 nel 2023, mentre, per il Mezzogiorno, è rimasto stabile nel ventennio a quota 3,4 per mille. Guardiamo, poi, all'indice di vecchiaia (numero di ultra 65enni rapportato alla popolazione da 0 a 14 anni, in percento). Al 2023, questo indice è migliore (nel senso di più basso) nel Mezzogiorno rispetto al CN (186,5 contro 207,3), anche se, a partire dal 2004, l'aumento di questo indice è stato molto più marcato al Sud. Comunque, nell'ultimo anno disponibile, la Campania presenta il migliore indice di vecchiaia (154,8) secondo è il Trentino-Alto Adige, con il 156,2.
Da ultimo, il tasso di fecondità (numero medio di figli per donna): era il più alto nel 2004 per il Mezzogiorno (1,36) e rimane il più alto nel 2023 (1,24). Questo tasso è calato dappertutto, ma il calo è stato più modesto al Sud. Ricordiamo che il tasso di natalità necessario per mantenere la popolazione costante (in assenza di immigrazione) è stimato a 2,15 figli per donna in età feconda: neanche l'area con il più alto tasso di fecondità la provincia autonoma di Bolzano, a 1,56 si avvicina a quel livello. 

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