Mannarino racconta «V» al Foqus di Napoli: «Questo disco è per mia madre»

Mannarino racconta «V» al Foqus di Napoli: «Questo disco è per mia madre»
di Valentina Bonavolontà
Venerdì 24 Settembre 2021, 23:05 - Ultimo agg. 25 Marzo, 01:03
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Una donna guerriera nell’atto di mettersi (o togliersi?) il passamontagna. L’immagine di donna resistente, indigena, che è l'unica via di salvezza che ha il pianeta. E’ questo il simbolo che campeggia sulla copertina di “V“, il nuovo album di Alessandro Mannarino, che esce a quattro anni dal successo del precedente “Apriti cielo”, presentato al pubblico alla fondazione Foqus Quartieri Spagnoli.

Un disco complesso, ricco di influenze e collaborazioni internazionali, che guarda oltre la stretta attualità.

«L’idea è iniziata quando è finito il tour precedente. - commenta Mannarino - Volevo fare un disco sulla forza primordiale e la resistenza umana.

Ed è venuto fuori un disco sulla Donna. Oggi la donna è modello di cambiamento in tutto il mondo. Perché veniamo da secoli di patriarcato che vediamo dove ci ha portato con la sua mentalità positivista. La scienza doveva proteggerci dalla natura matrigna. Siamo diventati tecnologicamente molto avanzati ma abbiamo perso tutto. Le donne invece stanno dimostrando che oltre allo spirito analitico e scientifico stanno facendo una battaglia in tutto il mondo con una visceralità emotiva che l'uomo si è perso». 

Anticipato dai singoli “Africa” e “Cantarè”, “V” è stato registrato tra New York, Los Angeles, Città del Messico, Rio De Janeiro, l’Amazzonia e l’Italia, coinvolgendo su alcuni brani produttori internazionali del calibro di Joey Waronker (Beck, REM, Atoms for Peace) e Camilo Lara (Mexican Institute of Sound) oltre che di Tony Canto e Iacopo Brail Sinigaglia.

«"V" fa parte di un percorso che parte dal folk più puro della mia città e passa per temi di un antagonismo rispetto al potere. Avevo bisogno di qualcosa che arrivasse più diretto, ho pensato a un atto più che a un pensiero. E da qui nascono l'accento sulle ritmiche, sulla tribalità, l'approccio quasi sciamanico nella ritmica ossessiva, con due o tre accordi a canzone. Mi sono chiesto dove prendiamo oggi gli anticorpi e la forza e secondo me la prendiamo in qualcosa che è in tutti noi e arriva da molto lontano. Non c'è più la critica sociale e politica nel presente. Nell'album non c'è più il monoteismo, è panteista, animista. Le grandi ideologie hanno fallito, perché erano totalmente staccate dal corpo. - dice Mannarino ai suoi fan Io ho provato a fare una destrutturazione del pensiero. Nel pezzo “Africa” ho scritto Lasciami entrare nell’Africa, qui c’è troppa logica. Siamo schiacciati dal pensiero razionale, plasmati su una società platonica che vuole questo mondo una copia fallace di un altro mondo ideale perfetto» - commenta Mannarino.

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Un disco che è un invito ad appellarsi alla saggezza ancestrale degli esseri umani e che lo fa parlando le lingue del mondo, incorporando suoni di foresta e voci indigene registrate in Amazzonia. World music nel più puro senso del termine, un salto di prospettiva che mette Mannarino ancora più al centro della nuova scena musicale.

«Questo disco è stata una ricerca continua, una ribellione anche ad una società che ci dice che non siamo buoni a nulla, che siamo in ritardo, che il disco deve uscire presto, il più presto possibile - spiega Alessandro - Nei dischi precedenti c’erano molte figure di donne, ma finivano sempre schiacciate poi dal Leviatano della società, come mia madre, vittima di una famiglia patriarcale, nella quale sono cresciuto.  Penso che siamo tutti esseri culturali, siamo spugne. Da quando nasciamo veniamo forgiati dalla cultura. Nella mia vita le donne mi hanno sempre aiutato a cogliere la visione più profonda della vita, più irrazionale. Questo disco è per mia madre, una donna di un’intelligenza e una fantasia incredibile. Ho provato a vendicarla».

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