Padovano, dai gol con il Napoli e la Juve a una vicenda giudiziaria lunga 17 anni

L'ex attaccante: «Mai persa la fiducia nella giustizia ma tante porte in faccia nel mio mondo»

Padovano
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Francesco De Lucadi Francesco De Luca
Sabato 2 Marzo 2024, 06:00 - Ultimo agg. 15:55
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«Certo che l’ho vista la finale del Mondiale: quella sera, a Berlino, c’erano in campo tanti ex compagni e avversari». Quella sera, il 9 luglio 2006, Michele Padovano era in carcere a Bergamo. Era stato arrestato due mesi prima con l’accusa di essere un narcotrafficante. Un incubo, terminato con l’assoluzione dopo 17 anni e ricostruito dall’ex attaccante di Juve e Napoli nel libro “Tra la Champions e la libertà”, pubblicato da Cairo Editore.
 

Cosa lasciano 75 giorni di carcere e 17 anni di processi?

«Non ho mai perso la fiducia nella giustizia durante questo calvario.

Ho avuto un sostegno fortissimo: quello della famiglia e degli avvocati Giacomo Francini e Michele Galasso. La famiglia ha sofferto con me, questa storia ci ha uniti ancora di più. Ma a mio figlio Denis è stata negata una serena adolescenza e mio padre è morto per questa vicenda giudiziaria terminata soltanto il 31 gennaio di un anno fa, quando arrivò la telefonata degli avvocati: Micky, è finita».

Dai compagni negli spogliatoi a quelli in un carcere, coi quali condivise le partite della Nazionale campione del mondo.

«Si, le vedemmo tutte. E, garantisco, non provai alcun sentimento di invidia nei confronti di chi indossava la maglia dell’Italia. I giorni in carcere non li ho dimenticati. Ho visto in quali condizioni terribili si vive là e vorrei fare qualcosa per aiutare chi è recluso».

Vialli le è stato sempre vicino.

«È morto pochi giorni prima della mia definitiva assoluzione. A Luca, mio compagno nella Juve, dedico tutti i giorni un pensiero perché non dimentico che telefonava a mia moglie dopo ogni colloquio in carcere per sapere come stavo e se avessi bisogno di qualcosa».

Lei aveva vissuto un’altra vicenda giudiziaria, come testimone: la morte di Denis Bergamini a Cosenza.

«A mio figlio ho dato il nome di quel ragazzo meraviglioso. È una storia tuttora aperta, ho fiducia nella giustizia perché i familiari e tutti quelli che hanno voluto bene a Denis hanno il diritto di conoscere la verità. Io ripeto quello che dissi fin dal primo giorno ai magistrati: impensabile che il mio compagno si sia ucciso quella sera del 18 novembre dell’89».

Due anni dopo, estate del ‘91, lei arrivò a Napoli.

«Mi anticipò la notizia Maradona nel precedente campionato. Giocavo nel Pisa e, alla fine della partita, Diego si avvicinò: “Sei bravo, l’anno prossimo giocherai con me”. Sgranai gli occhi: Maradona, il mio mito, diceva che sarei andato al Napoli... Fu così ma non lo trovai: era fuggito in Argentina dopo la squalifica».

Il primo Napoli post-Maradona.

«Il mio primo campionato in una squadra di grandi: Alemao, Careca, Crippa, De Napoli, Ferrara, Zola... Allenatore Ranieri, facemmo molto bene e andammo in Coppa Uefa».

Andò via dopo un anno e nel grande calcio rientrò nel ‘95, acquistato dalla Juve.

«E un anno dopo vincemmo la Champions League, il penultimo rigore nella finale contro l’Ajax a Roma lo tirai io. Quanti campioni c’erano nella squadra di mister Lippi: capii che si diventa grandi soltanto grazie ad allenamenti maniacali e mi misi subito in riga».

Rimpianti?

«Ho vinto tanto, ci sono campioni che hanno nel palmares la metà dei miei titoli».

Domani sera c’è Napoli-Juve.

«Due squadre con i cerotti, diciamo così. Sono rimasto colpito dal campionato del Napoli. In tanti anni non avevo mai assistito a un calo simile della squadra campione d’Italia. Ricordo la scorsa stagione, quando non vedevo l’ora di accendere la tv per ammirare il Napoli di Spalletti, bello in campionato e ancor più bello in Europa. De Laurentiis si è assunto le proprie responsabilità e si metterà nelle mani giuste perché il Napoli è forte».

E la Juve?

«La ritenevo favorita per lo scudetto: senza le coppe, meno impegni e quindi meno infortuni. Invece lo scontro diretto contro l’Inter ha fatto capire che la squadra ancora non è pronta e Giuntoli dovrà fare qualcosa in più. Per Napoli e Juve questa partita è l’occasione giusta per il rilancio».

Nel futuro di Padovano, dopo la gloria calcistica e i tormenti giudiziari, cosa c’è?

«Dopo porte in faccia e pregiudizi penso di meritare nuovamente un posto nel mondo del calcio. Sono stato convocato presso il centro tecnico di Coverciano da Ulivieri: non finirò mai di ringraziarlo per l’attenzione avuta nei miei confronti. Ho l’attestato di direttore sportivo, sono disponibile a ripartire dal basso con grande umiltà e tanta voglia di crescere, come facevo da ragazzino».

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