Ha spalle larghe, sottolinea spesso per convincere chi non lo conosce bene. Quindi, il “palcoscenico” dello stadio Maradona non lo preoccupa. Rudi Garcia era ancora negli spogliatoi quando, alla lettura delle formazioni di Napoli-Udinese, sono partiti fischi da più settori dello stadio al suo nome. Dopo i quattro gol e una prestazione che ha ricordato la Grande bellezza dello scorso campionato ha ascoltato gli applausi, girati come un bravo professionista deve fare ai suoi giocatori. Le emozioni e i tormenti li tiene per sé questo francese che De Laurentiis ha pescato tra vari allenatori - 42 profili valutati, diceva il patron - per affidargli la pesante eredità di Spalletti.
Garcia ha vissuto in ambienti non facili come quelli di Roma e Marsiglia, quindi fischi e sbalzi di umore non lo preoccupano.
Con qualche ansia in meno, Garcia si prepara per la trasferta a Lecce, per lui significativa. Perché sarà la sua partita numero 900 in panchina. Una carriera iniziata 22 anni fa come co-allenatore del Saint Etienne e portata avanti quasi esclusivamente in Francia, escluse le parentesi della Roma e dell'Arabia Saudita. Ha ricordato, dopo i quattro gol all'Udinese, che quando cominciò a fare l'allenatore pensava che il lavoro sul campo rappresentasse l'80 per cento del suo mestiere e che il 20 per cento fosse tutto il resto, dai problemi extracalcistici ai rapporti con tifoseria e media. Ha scoperto che tutto si è ribaltato anche perché un improvvido tiktoer (nello staff della sua società) può cambiare l'umore del suo migliore giocatore alla vigilia di una partita. Questo è il “palcoscenico”.