Napoli, addio 2019: la delusione
degli azzurri nell'anno più assurdo

Napoli, addio 2019: la delusione degli azzurri nell'anno più assurdo
di Francesco De Luca
Lunedì 23 Dicembre 2019, 09:10
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L'anno assurdo del Napoli. Di una squadra sfiorita diventata ribelle e di un allenatore vincitore di tre Champions League esonerato tre ore dopo aver conquistato il passi per gli ottavi. E ad assistere a questa commedia sempre meno pubblico: la media di 27mila spettatori alle partite al San Paolo è il segnale di un distacco cominciato ancor prima del rallentamento degli azzurri in campionato, a fronte di positivi risultati in coppa. Da aggiungere, la protesta dei gruppi ultrà cominciata in occasione di Napoli-Genoa: hanno deciso di restare fuori dal San Paolo perché è in atto un contenzioso dopo i provvedimenti adottati dal club di De Laurentiis nei confronti di chi cambia posto o si raduna in alcuni settori dello stadio senza autorizzazione.

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Il 2019 sarà un anno da ricordare tra i peggiori nella storia del club, pure segnata da eventi avvilenti come la retrocessione con 14 punti nel 1999 e il fallimento del 2004. Tanti errori commessi in campo e nella stanza dei bottoni, tuttavia De Laurentiis vede vicina la via di uscita come ha detto a Gattuso - arrivato da pochi giorni per sostituire il suo maestro Ancelotti - e agli azzurri nella cena natalizia, sorvolando sul problema delle multe comminate dopo la rivolta del 5 novembre, un'azione legittima per un atto di insubordinazione, ingestibile anche per un allenatore esperto come Carlo, che aveva ormai perso il controllo dello spogliatoio.

IL PRIMO CALO
Commentando l'esonero del suo allievo sulla Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi ha scritto: «Non mi disse nulla del Napoli, altrimenti glielo avrei sconsigliato». Perché era complicato gestire il post-Sarri da un punto di vista tecnico e ambientale, avendo creato Maurizio un solido asse con lo spogliatoio - o meglio: parte di esso, perché vi erano giocatori non utilizzati - e la città. La stagione 2018-2019 era stata definita da alcuni commentatori «di passaggio»: da un sistema di gioco all'altro, da un uomo all'altro. Ma la nuova fase con Ancelotti, uno degli allenatori più titolati della storia, è stata fortemente deludente, con l'eliminazione senza discussione in Coppa Italia da parte del Milan di Gattuso e in Europa League - dove il Napoli era scivolato dopo l'eliminazione dalla Champions - da parte dell'Arsenal. Il secondo posto era stato blindato per assenza di concorrenti visto che Inter, Roma e Lazio non erano state in grado di avvicinarsi agli azzurri. Emergevano, intanto, le prime tensioni nello spogliatoio: un vertice a casa Ancelotti il Primo maggio con De Laurentiis e Insigne per rasserenare, alla presenza del procuratore Raiola, il capitano, scosso dai fischi ascoltati dopo l'inopportuna sostituzione in Napoli-Arsenal.

IL MERCATO
Aver speso tanto, oltre cento milioni, non ha migliorato una squadra che aveva perso due uomini di prestigio come Albiol, leader della difesa, e Hamsik, il capitano. Per Manolas e Lozano sono stati fatti investimenti pesanti, però i risultati sul campo sono stati intermittenti. Al messicano il Napoli è arrivato dopo un lungo e infruttuoso corteggiamento di James Rodriguez, il talento pupillo di Ancelotti, e una serie di contatti con attaccanti dalle differenti caratteristiche, da Icardi a Pépé, fino all'ingaggio del 34enne svincolato Llorente, non riconfermato dal Tottenham: un segnale di confusione. Nel sistema di gioco di Ancelotti non era previsto il play, di cui Gattuso avverte invece la necessità, però neanche è stato acquistato un centrocampista da utilizzare in alternativa ad Allan. E non è stato preso un terzino sinistro come vice di Mario Rui, dato che Ghoulam è l'ombra di se stesso. C'è stato un altro problema sul mercato, esploso in autunno: i rinnovi dei contratti di titolarissimi come Callejon e Mertens, in scadenza tra pochi mesi, oltre alla definizione degli accordi con Milik e Zielinski, ma anche Allan e Fabian. Queste vicende devono aver inciso sulla compattezza dello spogliatoio. Eppure, a questo mercato Ancelotti aveva dato «voto 10».

L'ILLUSIONE
Le prime partite avevano evidenziato l'assenza di equilibrio, Napoli incapace di coprire gli spazi con l'azzardo del 4-2-3-1, una soluzione di compromesso per Insigne, rimasto probabilmente contro la volontà di Ancelotti, che non aveva disegnato la squadra per Lorenzo. Eppure, gli azzurri erano stati straordinari nel primo round del girone di Champions League contro i campioni d'Europa (e da poche ore anche del mondo) del Liverpool, battendoli al San Paolo per 2-0. E pochi giorni dopo, quando ancora funzionava il turnover, c'era stata la brillante prestazione a Lecce. Tutto bene, anzi no. Le difficoltà erano, infatti, dietro l'angolo, tra risultati e rapporti tesi. Il Napoli è riuscito a vincere due partite di fila in campionato soltanto a metà settembre, a causa della confusione tattica e dell'approssimativa condizione fisica. Ancelotti non ha saputo imprimere la svolta, il campionato è diventato un tormento mentre in Champions il passo è stato deciso, con la qualificazione agli ottavi ampiamente meritata. Ma da solo il raggiungimento di questo prestigioso obiettivo non poteva bastare. In questi mesi si era allontanato non solo il primo posto ma anche la zona Champions, il Napoli non si è fatto rispettare sul campo ed è stato sopraffatto da squadre di caratura inferiore, vittima anche della fine di un ciclo gestita da male: l'impalcatura non ha retto.

IL CROLLO
Il 2 ottobre è cominciata la fase critica, a Genk, quando Ancelotti ha spedito in tribuna Insigne. Il rapporto, già precario, col capitano è finito in quel momento. Certo, tre settimane dopo Lorenzo abbracciò il suo allenatore dopo aver segnato il gol della vittoria a Salisburgo però sembrò una recita: il giorno dopo l'esonero, Carlo ha pubblicato la foto di quella festa in Austria con i suoi giocatori ma sapeva che lo avevano mollato, come gli dissero in un acceso confronto a Castel Volturno dopo la sconfitta col Bologna. Le tensioni erano diventate sempre più forti nello spogliatoio mentre i risultati erano stati sempre più modesti, al punto da spingere De Laurentiis a ordinare un lungo ritiro dopo la sconfitta a Roma. Il momento di rottura, con la squadra che rifiutò di tornare a Castel Volturno dopo aver pareggiato col Salisburgo al San Paolo mentre Ancelotti e i suoi uomini rientrarono in ritiro. In quel momento è finito il Napoli, un crollo verticale che ha obbligato il presidente a fare la mossa a cui mai avrebbe pensato e che è stata inevitabile: esonerare Carlo, l'uomo che avrebbe voluto al suo fianco per dieci anni, e sostituirlo con Gattuso, a cui è stato affidato l'impegnativo compito di far rifiorire la Grande bellezza calcistica. Intanto, l'anno più assurdo si è chiuso con una vittoria all'ultimo respiro sul Sassuolo, dopo due mesi di patimenti. Ed è un segnale confortante.
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