Caso Koulibaly, il giudice Figc:
«Adesso riscriviamo le regole»

Caso Koulibaly, il giudice Figc: «Adesso riscriviamo le regole»
di Bruno Majorano
Domenica 20 Gennaio 2019, 09:00
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Da due giorni a questa parte il suo nome per i tifosi napoletani è stato associato a quello di Kalidou Koulibaly. Piero Sandulli, infatti, è il presidente della Corte d'appello sportiva che ha respinto il ricorso presentato dal Napoli per ridurre di una giornata la squalifica del difensore senegalese dopo i fatti dello scorso 26 dicembre al Meazza contro l'Inter.
 

Ma quindi la posizione di Koulibaly era davvero indifendibile?
«Siamo tutti dalla parte dell'uomo Koulibaly, ma l'atleta sa di non poter applaudire l'arbitro. Si tratta di una cosa che non dipende dalla nostra Corte: è una questione di regole».

E lei le condivide?
«Io mi devo limitare ad applicarle. Se le regole non vanno bene saranno altri a doverlo decidere. Dobbiamo applicare le regole, Koulibaly ha commesso l'errore di aver applaudito l'arbitro in segno di scherno, e credo che lui stesso abbia capito il proprio sbaglio».

Davvero?
«Kalidou è un ragazzo che ha dei valori enormi. Mi ha impressionato per quanto sia una persona profonda. Ha detto alla Corte: So di aver sbagliato. Ecco perché ha tutta la mia ammirazione sotto l'aspetto umano, ma se fosse stato mio figlio gli avrei detto che ha commesso un errore».
 
Torniamo all'aspetto normativo: non pensa che il calcio italiano stia attraversando un periodo fin troppo buio?
«Il calcio italiano sta cadendo molto in basso. Chi deve risollevarlo non sono i giudici sportivi, ma i dirigenti e il Coni che devono determinare dei momenti di riflessione».

In che senso?
«Dopo che ci sono state delle morti più o meno recenti, credo sia arrivato il momento di fermarsi a riflettere. Bisogna creare dei tavoli comuni tra tutti i protagonisti della vicenda: dal Coni ai singoli atleti. Lo spettacolo è bellissimo ma nessuno deve rovinarlo. Noi magistrati siamo pronti a collaborare per fare nuove norme».

In che modo?
«La nostra Corte ha mandato a suo tempo alla presidenza federale delle osservazioni sulle attuali norme e penso ci stiano riflettendo. Siamo pronti a collaborare a costruire un ambiente migliore: siamo disgustati da ciò che si vede allo stadio ogni settimana».

A cosa bisognerebbe ambire?
«A tornare indietro. Quando ero ragazzino mio padre mi portava allo stadio e in curva si cantava Facci sognà, perché l'idea era quella di regalarci un pomeriggio diverso per ignorare i problemi del quotidiano. Adesso nelle curve si ascolta tutt'altro, cose che nel terzo millennio non sono tollerabili. La partita dovrebbe essere circoscritta ai minuti dello spettacolo e dovrebbe diventare l'occasione per discuterne al caffè del lunedì. Ma dopo essersi un po' presi in giro con il barista di turno si deve tornare a lavorare e se ne parla la settimana dopo. Lo sport deve garantire la possibilità di distrarsi. Serve a ricaricare le pile e così come si stanno mettendo le cose non si ricarica nulla».

Il Napoli aveva puntato la sua difesa sullo stato d'animo del giocatore sperando nel buonsenso non utilizzato dall'arbitro.
«L'arbitro può aver sbagliato e sarà valutato da altri. Noi avevamo il dovere di applicare le norme previste dalla giustizia sportiva».

Ma lei per che squadra fa il tifo?
«Questo non è importante: il giudice non fa il tifo per nessuno quando si siede lì e in aula non deve seguire i propri sentimenti ma la sua scienza giuridica».
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