Caso Koulibaly, l'anatema di Power:
«Pugno duro contro il razzismo»

Caso Koulibaly, l'anatema di Power: «Pugno duro contro il razzismo»
di Francesco De Luca
Lunedì 7 Gennaio 2019, 14:00
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Il razzismo nel calcio è un fenomeno che parte da lontano e infatti vent'anni fa, febbraio 1999, a Vienna nacque Fare, acronimo di Football Against Racism in Europe. Il direttore esecutivo dell'associazione che lavora a stretto contatto con Fifa, Uefa, federazioni e governi nazionali contro il razzismo è Piara Powar, che anche a distanza di quasi due settimane si dichiara «scioccato» per quanto ha subito Koulibaly al Meazza durante Inter-Napoli nel Boxing Day e suggerisce un immediato inasprimento delle pene per il razzismo negli stadi, come Daspo più lunghi per chi espone striscioni o fa cori e penalizzazioni in classifica per i club.

Come giudica quanto è accaduto a Koulibaly il 26 dicembre?
«È stato scioccante e vergognoso assistere all'ennesimo episodio di razzismo contro questo giocatore. Il difensore del Napoli è stato costantemente bersaglio di un allarmante livello di abusi razzisti nelle partite contro l'Atlanta, la Juventus, la Lazio e, pochi giorni fa, l'Inter. Troppo spesso le pene inflitte dalle autorità calcistiche italiane sono deboli e inefficaci».

Koulibaly, oltre al danno delle offese, ha anche subito la beffa della giornata in più di squalifica per l'applauso rivolto all'arbitro Mazzoleni: un provvedimento giusto, la seconda ammonizione, considerando il clima che c'era al Meazza quella sera?
«No, non è stato giusto. Purtroppo accade che un giocatore maltrattato dal pubblico avversario lo segnali all'arbitro: egli non riesce ad agire in modo efficace e quindi il giocatore viene espulso. Ciò accade in tutta Europa e mostra il ripetuto fallimento nell'opera di protezione di questi giocatori. I regolamenti internazionali dicono che un arbitro può fermare la partita e avvertire il pubblico sul rischio di sospensione. Alla terza interruzione c'è la possibilità di abbandonare il campo se i cori non si fermano. Questi regolamenti sono stati introdotti dall'Uefa nel 2013 e dalla Fifa nel 2017. Le federazioni nazionali sono chiamate a rispettarli, tuttavia in molti paesi i regolamenti non sono in vigore. I dirigenti non si preoccupano di concentrarsi su questi aspetti, gli arbitri non ne sono a conoscenza o non sono abbastanza coraggiosi da far rispettare le regole. Questo è chiaramente ciò che accade in Italia. Segnalo anche il caso di Claudio Gavillucci, che è stato l'unico arbitro italiano a fermare una partita a causa di cori razzisti (Samp-Napoli dello scorso campionato, ndr): da allora non ha più arbitrato una partita di serie A e ciò suscita grandi interrogativi».

Quale messaggio Fare dedica a Koulibaly?
«Il mondo del calcio è con te nella battaglia per fare fronte a questo spaventoso razzismo. Molti giocatori di spicco, tra cui Cristiano Ronaldo, Mo Salah e Dries Mertens, compagno di Kalidou nel Napoli, si sono fatti avanti per supportarlo e questo dimostra la solidarietà su cui lui può contare».
 
Quanto ritiene grave il problema razzismo nel calcio italiano, una lega evoluta e ricca di importanti giocatori?
«I continui esempi di cori razzisti nei confronti di giocatori non bianchi negli stadi italiani confermano che c'è un grosso problema. Basta chiedere a Kevin Prince Boateng, Sulley Muntari, Koulibaly o altri calciatori neri. Questo fenomeno non si sta attenuando: deve essere intrapresa un'azione più severa per assicurarsi che ciò avvenga».

Quali possono essere le misure di contrasto?
«La punizione inflitta all'Inter - due partite a porte chiuse - è un segnale chiaro, ma non è abbastanza: resta ancora molto da fare per fermare il marciume che è nel cuore del calcio italiano. È necessario far sì che i giocatori siano supportati se vengono maltrattati durante la partita. Gli arbitri devono applicare le regole per consentire la sospensione del match se l'abuso continua. Pene più severe, divieti di accesso negli stadi più lunghi, penalizzazioni di punti in classifica per i club che hanno nella loro tifoseria i peggiori trasgressori: la Federcalcio italiana faccia di più».

Ancelotti ha annunciato che nella prossima partita chiederà al Napoli di fermarsi in caso di cori razzisti: che ne pensa?
«Sì, è un'idea giusta e siamo dalla parte di un allenatore che si impegna a fare uscire la squadra dal campo se questo tipo di abuso si ripete. Grazie alle parole di Ancelotti, la posizione di Napoli sul razzismo è netta: il tecnico aveva minacciato di portare fuori dal campo i propri giocatori già prima della partita contro l'Atlanta giocata il 3 dicembre. Se accadesse di nuovo e nessuna azione venisse intrapresa dall'arbitro, quanto annunciato da Ancelotti andrebbe messo in pratica».

Il razzismo è anche un problema politico in Italia?
«Abbiamo di recente assistito nel vostro Paese a molti esempi di diffuso odio verso le minoranze etniche. Non è un segreto che l'attuale governo abbia fatto della demonizzazione degli immigrati, molti dei quali africani, la principale piattaforma politica. Ogni settimana in Italia ci sono storie sul paese invaso, dibattiti su cosa si può fare riguardo al problema dell'immigrazione, sul marchio di trafficanti attribuito alle Ong che offrono aiuti umanitari: non c'è dubbio che tutto ciò porti alla manifestazione di razzismo che si è verificata nello stadio di Milano».

Quali sono i risultati che in vent'anni Fare, l'associazione da lei guidata, ha raggiunto nella lotta al razzismo nel calcio?
«Fare funziona a tutti i livelli di questo settore per sviluppare l'inclusione sociale dei gruppi emarginati e privati dei diritti e coinvolgere i responsabili politici, i soggetti chiave e gli organi di governo nel movimento contro la discriminazione. Ci confrontiamo con i dirigenti calcistici per influenzare la politica anti-discriminazione, compreso il funzionamento di un sistema di osservatori che attua un monitoraggio in tutto il mondo per tracciare e riferire su episodi gravi. Organizziamo conferenze ed eventi internazionali e realizziamo guide per le migliori pratiche e materiali didattici per affrontare la discriminazione nel calcio. Un esempio è il festival che promuoviamo ogni anno in Italia, i Mondiali Antirazzisti. Attraverso campagne internazionali come le settimane di Football People, che hanno coinvolto oltre centomila persone in manifestazioni a sostegno dell'inclusione sociale, lavoriamo per la vera eguaglianza per tutti».
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