Così parlò Gattuso, re di Napoli:
«Noi simu muru muru c'u spitali»

Così parlò Gattuso, re di Napoli: «Noi simu muru muru c'u spitali»
di Bruno Majorano
Venerdì 28 Febbraio 2020, 07:30 - Ultimo agg. 12:56
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Indizio: se scrivi un libro dal titolo «Se uno nasce quadrato non muore tondo», vuol dire che i modi di dire a effetto ti piacciono eccome. D'altra parte nel 2007 - anno in cui Gattuso ha pubblicato la sua biografia - l'attuale allenatore del Napoli aveva già un nome. Aveva vinto tutto da giocatore del Milan e della Nazionale ed era diventato celebre non solo per la sua grinta in campo, ma anche per la sua grande schiettezza fuori. Non si teneva nulla, rispondeva a tutti e non sempre con toni troppo pacati. Ma essere un uomo dal carattere forte e deciso non è mai stato un problema per Gattuso, persona sincera e senza peli sulla lingua. A Napoli lo hanno capito praticamente subito, perché in appena tre mesi di panchina ha già regalato delle perle destinate a rimanere a lungo nel lessico cittadino e non solo.

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Nemmeno il tempo di atterrare a Capodichino che durante la prima conferenza stampa di presentazione al centro tecnico di Castel Volturno, Gennaro Gattuso si è reso protagonista di un simpatico siparietto con una giornalista che gli chiedeva perché fosse stato scelto proprio lui. L'allenatore ha risposto scherzando: «Mi sembri Marzullo, così mi metti in difficoltà». Pronti, via: un modo «alla Gattuso» per rompere il ghiaccio e far capire che le parole hanno una rilevanza non da poco anche nella sua gestione dei rapporti «Ancelotti è un padre calcistico», ha precisato subito dopo aver preso il suo posto. Perché Ringhio è uno che dice quello che pensa e lo fa con la sincerità giusta da non diventare mai maleducato o irriverente. Più di una volta, infatti, ha chiesto «la domanda di riserva» quando gli è stato chiesto cosa avesse detto ai suoi giocatori per spronarli nell'intervallo di una partita dopo un primo tempo in difficoltà. Non ci gira attorno e va dritto al punto, perché la sincerità viene prima di tutto.
 
 

Una sincerità che alle volte può andare anche contro le idee societarie, tanto è vero che quando ha difeso la scelta di Ospina al posto di Meret non ha avuto problemi ad ammettere «Non sono aziendalista». O ancora, quando ha deciso di escludere Allan dalla lista dei convocati prima di Cagliari ha specificato «Allan cammina e non si allena come dico io. Resterà a casa». Recentemente sono diventate celebri due risposte ad altrettante domande relative alla sfida di andata degli ottavi di Champions. «Se il Barça è in difficoltà noi simu muru muru c'u spitali». Risposta in rigoroso calabrese alle presunte difficoltà dei bluagrana. Il video della conferenza stampa ha impiegato un attimo a diventare virale. Un po' come le parole arrivate dopo il pari del San Paolo contro il catalani martedì sera. «Il Barcellona ci ha fatto il solletico, solo un tiro in porta. Potevamo stare anche un giorno in campo. Andremo lì per giocarcela, non siamo una squadretta». Parole che non avevano minimamente un tono spocchioso, anzi, trasmettevano la grande soddisfazione per il lavoro svolto dai suoi ragazzi in campo e dal suo staff nei giorni di avvicinamento alla gara durante le tante sedute di allenamento.
 
 

Soddisfazione doppia se si pensa che nelle sue prime conferenze invocava la necessità di essere più decisi, anzi. «Abbiamo avuto un grande spirito, voglio vedere questo veleno anche in campionato», aveva detto Gattuso dopo la vittoria ai quarti di finale di Coppa Italia contro la Lazio. E quello del veleno è diventato una sorta di leitmotiv nella gestione Gattuso, che grazie al suo calabrese sempre presente aveva subito messo in chiaro quello che sarebbe stato il suo modo di pensare. «In questo momento non c'è nulla da scherzare. So quello che stiamo vivendo, sto allenando una squadra forte. Se riusciamo a trovare il canale giusto non ci fermiamo più. Inchianare (risalire la china in calabrese) mi piace molto come termine. Dobbiamo risalire ma non dobbiamo farci prendere dagli eventi. Questa squadra farà divertire». Perché la lingua della sua terra è una costante. Lo aveva scritto nel suo libro e lo ha ribadito anche nella conferenza stampa di presentazione una volta arrivato a Napoli. «Io terrone? Io penso in calabrese e poi devo sforzarmi di tradurre in italiano. Io le mie origini me le porto dentro». Così Gattuso aveva spiegato in poche parole il suo attaccamento alla Calabria ma anche il suo modo di pensare in maniera molto diretta. Come ha fatto notare dopo il ko interno contro la Fiorentina. «Meritiamo i pomodori! Ma quale gioco, non c'è neanche voglia!».

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Diretto anche nel pesare le parole in un momento delicato come quello del calciomercato. Ringhio è arrivato a Napoli a dicembre, ovvero alle porte della riapertura della sessione invernale dei trasferimenti e ovviamente è stato messo subito sotto torchio nella speranza di ottenere qualche notizia in più circa le scelte di mercato del suo Napoli del futuro. Prima dell'arrivo di Gattuso in panchina si era parlato molto di Ibrahimovic come possibile obiettivo di De Laurentiis, ma qualcuno sosteneva che lo svedese potesse essere troppo anziano per il progetto del Napoli. Intanto Ibra si era già accasato al Milan e allora la domanda per Gattuso è diventata l'occasione per una battuta. «Quando guardo la sua foto e quali sono le sue condizioni attuali, a confronto io sembro suo nonno...», le parole di Gattuso sull'attaccante svedese che a 38 anni (Ringhio ne avrebbe fatti 42 di lì a qualche giorno). Insomma, battuta pronta e grande sincerità in ogni risposta. Atteggiamento che deve aver fatto breccia rapidamente anche nel cuore e nelle menti dei giocatori del Napoli che dopo tre mesi dall'arrivo di Rino in panchina sembrano davvero aver ritrovato serenità dal punto di vista mentale. Chissà se Gattuso non si sia presentato loro con una delle sue frasi più celebri ai tempi del Milan. «Come smaltisco io le sconfitte? Torno a casa, mi faccio un panino e lo azzanno pensando che sia uno dei miei avversari». Parola di Ringhio.
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