La doppia anima beatlesiana
di una squadra da hit parade

La doppia anima beatlesiana di una squadra da hit parade
di Anna Trieste
Domenica 19 Agosto 2018, 09:00
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Confermando la sua natura di squadra ellenica epicurea che oltre al giuoco del calcio offre pure al pubblico lezioni di filosofia, il Napoli inizia il campionato non solo con una vittoria ma anche con un insegnamento morale di cui fare tesoro tutti e subito a prescindere dal rettangolo di gioco: la felicità non dipende dal numero di guai che ti si presentano ma dal modo in cui reagisci ad essi. E ieri, infatti, dopo il momentaneo vantaggio della Lazio e il gol su ribattuta poi annullato a Milik, poteva succedere di tutto. Che Milik si deprimesse e tornasse a fare gli incubi di notte con Mertens che invece di dargli i numeri gli dava i paccheri dietro alla testa. Che i tifosi iniziassero a fare le telefonate anonime a Inglese per convincerlo a tornare sotto le mentite spoglie di uno svincolato a caso del Sud America. Che Ancelotti iniziasse a pensare seriamente che per far transitare la squadra dal sarrismo all'ancelottismo bisognasse ricorrere all'ipnosi.
 
 

E invece gli azzurri hanno reagito diversamente.  Parafrasando i Beatles, hanno fatto come dice Paul Mc Cartney dentro a Hey Jude e cioè, sostanzialmente, piglia na canzone e mmerd e fanne un meraviglioso canto a fronna di limone. Così, poco dopo la botta del gol revocato, Milik l'ha rimessa dentro. E da lì il Napoli ha iniziato a cantare. A tratti con gli arrangiamenti sarristi, a tratti con quelli ancelottiani ma sempre con due accordi irremovibili: l'eleganza di Insigne, che ha fatto pure gol, e la straripante cazzimma di Allan. Se Ancelotti cercava un punto di riferimento l'ha trovato: è il brasiliano. Ma del resto, come si fa a resistere a uno che esulta come un pazzo per un pallone perso sulla linea laterale dagli avversari manco avesse fatto gol?
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