Balla, sorride e segna:
Salah è l'incubo Reds del Napoli

Balla, sorride e segna: Salah è l'incubo Reds del Napoli
di Marco Ciriello
Mercoledì 12 Dicembre 2018, 07:00
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Il calciatore che cammina sui pezzi di vetro, hai tre errori alle spalle, gli unici, di Mario Rui, Kalidou Koulibaly e David Ospina, e il fuoco nei piedi, niente a che vedere col circo, piuttosto un mago con gli scarpini: Mohamed Salah. Che fa masticare amaro il Napoli. Non conosce paura e balla, balla in area, e sorride mentre segna. L'egiziano in netta ripresa, e con una tripletta nell'ultima partita di Premier League, è tornato ad essere decisivo e a pesare nel momento migliore per il Liverpool e peggiore per la squadra di Carlo Ancelotti. Il suo gol, una infilata tra le gambe di Ospina, trascina Jürgen Klopp alla fase successiva di Champions, e manda il Napoli in Europa League.

Momo come Anfield lo chiama, coccolandoselo, è un tormento per chiunque gli capiti, Koulibaly gli pesta anche un piede secondo il metodo Sergio Ramos, ma non conosce ancora la capacità fallosa dello spagnolo; l'attaccante egiziano, davvero tornato ad essere veloce come Beep Beep attraversa l'area napoletana da destra a sinistra, giocando una marea di palloni, e trovando quello giusto. Una perfezione geometrica, che è mancata al Napoli, non il più brutto ma il più molle della stagione, mentre il Liverpool fa la partita e per fortuna che le palle migliori vanno sui piedi di Sadio Mané altrimenti il bilancio sarebbe maggiore.
 
Salah diventa dottrina calcistica fin dal fischio d'inizio, dinamico, nei dribbling e anche nella voglia di liberarsi dalle marcature come sul gol, Mario Rui prova a cingerlo ma lui si sfila e col passo giusto sorprende anche Koulibaly fino ad allora impeccabile nel chiudergli spazi e rubargli palloni per poi metterla in porta. Il gol che condanna il Napoli, dopo un grande girone, almeno porta la firma di un calciatore tornato ad essere tra i migliori attaccanti in circolazione, incrinando finanche il sopracciglio di Carlo Ancelotti. Tutto l'impatto del Liverpool sta nel suo attaccante che era mancato dalla finale di Champions, non era mai tornato veramente ad essere quello della stagione sbagliata, e ora che l'ha fatto non pare vero che si ripeta. I compagni lo servono come si portano i drink alla più bella della festa, e lui ringrazia e prova a rimetterla in porta o a restituire i favori, ma Mané è un altro tipo di calciatore. L'ovunque dei piedi e del corpo di Salah racconta una partita dominata dai Reds, con leggerissimi accenni napoletani, la sua onnipresenza e sempre a velocità altissima allunga il campo, trascina i difensori, fino a sfinirli. Se fosse un pugile sarebbe uno di quelli che non incassa pugni perché l'avversario passa le riprese a rincorrerlo.

Salah lavora su una marginalità di lusso, si lateralizza per poi accentrarsi a grandi falcate, e viceversa, costringendo all'impazzimento quello che se lo vedono apparire e scomparire. Il suo è un assedio sfinente che lavora sulla psiche di chi lo deve tenere, e vede solo la sua ombra, perché Salah è uno stratega delle partenze, coniugando posizione e velocità. Ha una grande visione, riesce a trovare i lati ciechi e ci si infila, o li costruisce, come ha fatto nell'azione del gol al Napoli. Lavora di fisico con Rui, dovendo togliersi dall'abbraccio del portoghese, poi accelera su Koulibaly che se lo ritrova davanti senza sapere bene come, e infine mezza finta inganna Ospina che poi subisce anche l'onta del fioretto tra le gambe.

C'è tanta eleganza, in un corridoio che poteva essere un vicolo cieco e che Salah si è scavato nell'area di rigore del Napoli. Inoltre è uno specialista degli angoli strettissimi, dell'ultimo momento utile prima di superare la linea di fondo, giocando quasi su quella di porta. Un acrobata, soprattutto quando va di lato, quando deve rosicchiare spazi in cerca della porta, una linea che gira e rigira, fino a diventare la sua via di fuga per il gol.

Salah è un calciatore cresciuto negli anni, che ha saputo capitalizzare i suoi errori, prima di diventare decisivo, imponente, imprescindibile per una squadra come il Liverpool. Anfield è il suo circo, ci sguazza, sente di essere amato, il suo umore è allacciato agli spalti, assistito dagli sguardi, e le sue debolezze diventano ricordi. Per questo quando parte è come se salpasse una nave, tutti ne benedicono la rotta, accompagnandolo con i sentimenti migliori, benedicendogli i passi, e lui appare come un santo a piedi nudi, col deserto negli occhi, e la forza nelle gambe, e allora corre tra il campo e il cielo di Liverpool, e trova i gol, e porta le vittorie, come non era mai successo prima delle stagioni con i Reds.

Le vittime non si contano più, e non ci fosse stato quella presa da wrestling di Sergio Ramos, chissà, come sarebbe finita; ma ormai è passata, ormai il calciatore è recuperato, e anche la stagione è andata nel modo migliore, la ferita è guarita, e lui ha riguadagnato il campo e l'anima, ha ripreso a saltare e correre, dribblare e segnare e a gelare, come ha scoperto il Napoli.
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