Napoli fuori anche dall'Europa:
perché è una stagione insufficiente

Napoli fuori anche dall'Europa: perché è una stagione insufficiente
di Francesco De Luca
Venerdì 19 Aprile 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:04
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Addio all'Europa. La notte più amara per il Napoli e il calcio italiano che chiude ai quarti la sua stagione internazionale. Impauriti davanti alla montagna da scalare (servivano 3 gol per accedere alle semifinali), gli azzurri si sono spenti al gol di Lacazette. Una punizione che Meret ha battezzato nel modo sbagliato, non tuffandosi sul proprio palo. C'è il dispiacere per la rete di Milik annullata per fuorigioco dopo 25' (in Europa League non c'è il Var e dunque restano i dubbi) e altre dubbie valutazioni dell'arbitro Hategan. Ma non è il tempo degli alibi. C'è la constatazione di una squadra che non ha avuto il coraggio inutilmente chiesto da Ancelotti prima delle sfide all'Emirates e al San Paolo. Ieri sera, dopo dieci minuti, l'Arsenal aveva il comando del gioco: possesso palla del 62 per cento contro il 38 del timidissimo Napoli, poi riemerso però mai pericoloso. Il limite di una squadra senza personalità, schierata con il tridente soltanto nel secondo tempo: bisognava rimontare, però il tecnico ha pensato anzitutto a mantenere l'equilibrio schierando due centrali e mezzo in difesa. Serviva un'impresa e gli azzurri non hanno avuto lucidità e forze per realizzarla. Presunti campioni e impalpabili talenti sono spariti.
 
 

Si chiude amaramente la stagione del Napoli, che ha sì riconfermato il secondo posto ma non è riuscito ad andare oltre i quarti di Coppa Italia ed Europa League. Come CR7 non è stato il valore aggiunto per la Juve, così Ancelotti non lo è stato per il Napoli: la sua esperienza non ha fatto la differenza, né in campionato né nelle altre competizioni. Ecco perché il giudizio, per la Juve come per il Napoli, è di insufficienza. E dire che Carlo non aveva posto limiti dichiarando, a inizio stagione, che la squadra si sarebbe battuta su tre fronti. La corsa è finita quasi subito in campionato, perché è stato confermato il gap tecnico ed economico rispetto alla Juve; fortissima la delusione per come è andata nelle coppe.

Ci siamo chiesti, in questi mesi, dove fosse finita la squadra che fino a dicembre era stata a contatto con la Juve in campionato e aveva sfiorato il passaggio del turno in Champions, dove aveva fatto un'ottima figura in un girone durissimo, subendo l'eliminazione da parte del Liverpool - vice campione d'Europa e attuale leader in Premier - per la differenza di un gol. In un'intervista pubblicata ieri sul Corriere della Sera vi è stata questa ammissione di Koulibaly: «Ci siamo rilassati vedendo la classifica. Ma la luce non si può accendere o spegnere». Ancelotti non l'ha tenuta accesa: la squadra ha giocato poche buone partite, all'altezza delle prestazioni da settembre a metà dicembre, quando aveva fatto credere che il duello scudetto potesse restare aperto fino alle ultime battute. Uno dopo l'altro sono stati falliti gli obiettivi, anche perché la squadra non è stata più sorretta da una buona condizione fisica.
 

Ancelotti aveva deciso di fare un'ampia turnazione per affrontare le tre competizioni, però si è reso conto che alcuni dei giocatori accantonati da Sarri non avevano mezzi così eccelsi. E c'è chi ha fortemente deluso, come Verdi, costato oltre 20 milioni. Altri investimenti sono stati ottimi, come il portiere Meret (un errore, anche se grave, può capitare) e il centrocampista Fabian, che però nel ruolo di sostituto di Hamsik non è riuscito ad esprimersi al meglio. Già, Marek. Il peso della sua assenza si è avvertito perché il centrocampo e il Napoli hanno perso equilibrio. È stato un affare per lo slovacco, che ha strappato un contratto da 9 milioni, e per il Napoli, che si è assicurato 20 milioni a metà febbraio. Ma non lo è stato per la squadra, che ha perso un punto di riferimento, e dev'essersene accorto anche Ancelotti. Ricordiamo poche belle partite del Napoli nel 2019, anche perché - a causa dell'assenza di Hamsik e di una alterna condizione fisica - gli azzurri si sono sfilacciati e raramente si è vista quella compattezza invocata dal tecnico.

Carlo, che ha avallato le scelte della società nella prima stagione azzurra, dovrà mettersi in questi giorni a lavorare al fianco di De Laurentiis per creare un gruppo vero e suo, che non oscilli sotto l'aspetto delle prestazioni. Servono investimenti adeguati per migliorarsi in campionato e in Europa, altrimenti non avrebbe avuto alcun senso affidarsi a un allenatore come Ancelotti. Le scelte siano di alto profilo, come la piazza merita e il bilancio consente al club, ultimo tra quelli italiani ad abbandonare il palcoscenico europeo. Fuori tutti prima delle semifinali, a conferma che non bastano fuoriclasse in campo (CR7) e in panchina (Ancelotti) per farsi strada. Secondo De Laurentiis, come tutti incantato davanti allo spettacolo di City-Tottenham, il calcio italiano «è nella preistoria». Ci provi lui, con uno degli allenatori più vincenti al mondo, a riportarlo nel presente. Gli ultimi quattro mesi dovrebbero aver chiarito le idee su chi questa maglia può indossarla. E si eviti l'apertura di una telenovela di mercato con Insigne protagonista: i fischi di ieri al momento della sostituzione non gli facciano venire il mal di pancia, magari curabile dal dottor Raiola con una ricca cessione all'estero.
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