Altro che milanesi:
è il Napoli la vera anti-Juve

Altro che milanesi: è il Napoli la vera anti-Juve
di Marilicia Salvia
Domenica 16 Settembre 2018, 08:30
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Abbiamo ripreso il cammino, abbiamo ritrovato il nostro bomber scugnizzo, , abbiamo recuperato punti e convinzione. Quei punti e quella convinzione che aspettavamo per irridere con i fatti l'offensiva griglia di partenza ipotizzata da un giornale sportivo a inizio campionato. Siamo noi, solo e ancora noi l'antiJuve, si mettano il cuore in pace dalle parti di Milano. Anche perché noi, ormai, possiamo solo migliorare: non potrà mai più capitare una partita con così tante palle gol sbagliate, è una questione di statistica oltre che di fortuna. In ogni caso dovevamo vincere e abbiamo vinto, pazienza se con fatica, soffrendo, sudando: a Firenze, contro questa stessa squadra (anche se loro molto gentilmente hanno fatto di tutto per non ricordarcelo, buttando alle ortiche il viola e mettendosi addosso una strana divisa rossa) era andata decisamente peggio. Irrimediabilmente peggio, ad essere precisi. Perciò vuol dire tante cose, questa vittoria striminzita che vale, almeno per una notte, la ritrovata vetta della classifica. Dal punto di vista tecnico, ovvio, significa che il Napoli di Ancelotti sta prendendo finalmente forma: una squadra duttile, che cambia protagonisti e gioco in corso d'opera, con la panchina che sembra una porta girevole dalla quale ogni tanto viene fuori un nuovo jolly. Ma soprattutto, dal punto di vista di noi tifosi ancora spaesati, ancora sinceramente orfani delle geometrie e delle spavalderie sarriste, la vittoria di stasera è una botta di autostima tanto insperata quanto vitale. Non per dire, ma dall'altra parte della Manica, l'allenatore della filosofia enciclopedica se ne sta in vetta da solo, a punteggio pieno, dopo un'altra vittoria larga, a godersi gloria, popolarità e neologismo.
 
 

Ma noi no, non dobbiamo più vivere di ricordi e di rimpianti, del riflesso di affermazioni altrui. Il Napoli è tornato, anche se non è ancora tornato «Ciruzzo» Mertens e neanche Milik e Callejon, almeno non del tutto. Il Napoli che adesso affronta un tunnel fuori dal quale rivedrà la luce il 3 ottobre, un'infilata di partite da brivido, Stella Rossa, Liverpool e non-colorati compresi. Cosa sarà davvero il Napoli cominceremo a capirlo forse solo allora, ma intanto una certezza ce l'abbiamo: questo Napoli non si arrende, lotta e s'impegna, ed è sordo - fortunatamente, clamorosamente sordo - alle polemiche e ai veleni che gli si sta irresponsabilmente spargendo intorno. Che ci siano sessanta o sessantamila persone sugli spalti, l'orgoglio di questa squadra è più forte, sono più forti l'attaccamento alla maglia, la voglia di regalare sogni e gioia a una città ammaccata ma resistente quanto il suo stadio: faremo bene a ricordarcelo, prima di continuare ad alimentare - da qualsiasi parte - questa catena di equivoci, chiacchiere in libertà, guerre di posizione. Uno stadio vuoto, il San Paolo vuoto, non è una cosa normale, non può essere un dettaglio insignificante di un racconto. Ieri, mentre il Napoli soffriva lottava e vinceva, si è consumato un vulnus, niente potrà essere più come prima nella città di Sivori e di Maradona, e perché no di Sarri e delle sue tre annate in crescendo fino al record del 91 punti. Gli spalti che hanno festeggiato la squadra nell'ultima di maggio nonostante la delusione dello scudetto sfumato, quelli sì, erano gli spalti del Napoli e di Napoli: quelli di ieri invece erano un insulto, un cazzotto in faccia. Dovunque siano i torti e le ragioni, la vittoria di ieri sofferta ma fortemente cercata e voluta deve servire da monito, deve dare l'occasione della ripartenza. Dal presidente al Comune, dalla società fino a noi tifosi, ricordiamoci di quello che disse un altro Presidente (con la maiuscola, in effetti) tanto tempo fa: per una volta, non domandiamoci che cosa il Napoli può fare per noi, ma che cosa possiamo fare noi per il Napoli.
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