Napoli, le tensioni
​nemiche del futuro

di Francesco De Luca
Venerdì 11 Maggio 2018, 08:25
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De Laurentiis è sceso in campo con irruenza su due temi delicati per il Napoli: il futuro di Sarri e la ristrutturazione del San Paolo. Stavolta non ha attaccato l’allenatore, come aveva fatto una settimana fa attribuendo a una squadra priva di carburante - per colpa di chi la dirige - la flessione nella fase cruciale del campionato. Frontale, invece, lo scontro con De Magistris: un botta e risposta visto e rivisto su questi schermi. Dopo averlo criticato sulla gestione degli ultimi decisivi mesi della stagione, De Laurentiis si è quasi sorpreso quando un cronista gli ha chiesto se Sarri resterà alla guida del Napoli nella prossima stagione: ha risposto rinnovandogli totale stima. Ma se lo stima perché attribuisce alla mancata rotazione di uomini, dunque a un errore del tecnico, lo scudetto sfumato nelle ultime giornate? Una settimana fa il problema non era stato ritenuto l’arbitraggio di Orsato in Inter-Juve, con il suo effetto sugli azzurri a Firenze, invece ora il presidente dice che una “manina” ha tolto al Napoli molti punti. Ma allora hanno inciso sulla frenata della squadra - un punto nelle due partite successive all’impresa sul campo della Juve - più gli errori di gestione della rosa di Sarri o quelli degli arbitri, equamente divisi tra campo e sala Var? Sarebbe opportuno non essere così ondivaghi nelle valutazioni perché si sta decidendo sull’aspetto più importante per il futuro, ovvero la riconferma dell’allenatore. Se non c’è piena e reale condivisione dei sistemi di Sarri, come si fa ad andare serenamente avanti? 

De Laurentiis vorrebbe appunto affrontare in maniera tranquilla l’imminente colloquio con l’allenatore, che si prepara a chiedere non soltanto chiarimenti sul discorso relativo al turnover ma anche un sensibile aumento di stipendio, ed ecco perché ha adoperato altri toni, peraltro senza dimenticare di rilevare che anche Mazzarri era arrivato secondo (con inferiore monte ingaggi) e che con Benitez erano state vinte due coppe. Nel prossimo colloquio si farà il punto sul mercato e si uscirà da equivoci e malumori che alcune dichiarazioni hanno inevitabilmente generato. Né De Laurentiis né Sarri possono opporsi al pagamento delle clausole per alcuni calciatori (tra questi Zielinski, Ghoulam, Mertens, Callejon) ma possono individuare insieme il percorso, perché finora è apparso chiaro un fatto: De Laurentiis prende i calciatori e Sarri non li fa giocare tutti, scindendo la rosa in due parti, da questo lato i titolarissimi e dall’altro le riserve, impiegabili solo in caso di necessità o nelle coppe, trascurate in questa stagione nel tentativo, poi fallito, di vincere lo scudetto.

Il rispetto del bilancio è punto fermo per il produttore, che raccolse il titolo sportivo del vecchio club in un’aula della Fallimentare del tribunale di Castel Capuano. «Io mi auguro che il Napoli possa fare sempre meglio, ma questo non dipende da chi costa di più sul mercato», ha detto De Laurentiis. Ha rivendicato le sue scelte e i tre piazzamenti alle spalle della squadra campione d’Italia, uno con Mazzarri e due con Sarri. Ma l’aspirazione della società deve coincidere con quella della città: forte è il desiderio della gente di Napoli di rinnovare la sfida scudetto alla Juventus e di batterla. Se Sarri dovesse chiedere top player, lo farebbe non per capriccio ma per aggiungere esperienza, qualità e fisicità a un telaio collaudato. Nel 2007, al ritorno in serie A, il Napoli cominciò a puntare sui giovani: Hamsik, Lavezzi e Gargano i primi, con risultati convincenti. Ma sono trascorsi undici anni. Continuando esclusivamente a seguire la politica dei prospetti giovani, da far maturare ed eventualmente rivendere a prezzo maggiorato, difficilmente verrà portato a termine il piano di sottrarre lo scudetto alla Juve. De Laurentiis ha dichiarato: «Il progetto continuerà alla grande». E questa promessa è la migliore garanzia possibile per i tifosi che si sono schierati l’altra domenica dalla sua parte, fischiando i contestatori delle curve. Servirebbe rispetto per chi guida la società, non soltanto per chi allena la squadra, ma d’altra parte ciclicamente, nei momenti di sconforto, affiora la mancanza di equilibrio. Trent’anni fa, primavera dell’88, dopo lo scudetto perso i tifosi processarono in piazza Bagni, Ferrario, Garella e Giordano, quattro dei grandi protagonisti dello scudetto vinto dodici mesi prima.

Nella nuova lunga esternazione a tutto campo De Laurentiis ha toccato anche il problema-San Paolo. Preoccupato per i tempi del restyling per le Universiadi, si è rivolto al presidente dell’Anticorruzione, Cantone. Poi, però, ha adoperato toni sbagliati nei confronti del Comune di Napoli, attaccando la macchina burocratica e coinvolgendo il fratello di De Magistris, ed è arrivata la replica stizzita del sindaco. Da capo di questa azienda, fiore all’occhiello della città, il presidente ha il diritto di chiedere garanzie all’amministrazione municipale perché deve programmare la stagione ed è assurdo che ancora una volta, in assenza della convenzione per il San Paolo, il Napoli abbia dovuto indicare a Figc e Uefa lo stadio di Palermo come campo di gioco. 

Non si può continuare con questo stucchevole scontro DeMa-DeLa sul San Paolo, una querelle che va avanti da sette anni, e allora il presidente cerchi i finanziamenti per costruire lo stadio, il suo stadio, altrove. Sarebbe uno strappo forte, perché Fuorigrotta è la casa del Napoli da quasi sessant’anni, ma sarebbe la reazione all’immobilismo che aveva fatto del San Paolo «un cesso» (cit. De Laurentiis): il cantiere, tante volte auspicato, si aprirà soltanto perché arrivano i milioni che non sono né del Comune né del club, ma sono quelli per le Universiadi.
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