Carlo finalmente nel cuore dei tifosi:
così Ancelotti s'è preso Napoli

Carlo finalmente nel cuore dei tifosi: così Ancelotti s'è preso Napoli
di Marco Ciriello
Mercoledì 18 Settembre 2019, 07:30
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È la sera di Carlo Ancelotti che ribatte Jurgen Klopp e conquista il San Paolo con una partita sporca, da belli e cattivi e lontani da sé. Tutti, anche i muretti di Fuorigrotta ora hanno capito il salto, sentendo il passaggio a una fase successiva, perché finalmente il Napoli è diventato un'altra squadra. È ancora in viaggio, ma è già un'altra cosa. Questo si era visto nel secondo tempo con la Juventus quando ha sfoggiato una mentalità madridista, una calma nel recuperare gol e spazi come se fosse dovuto il recupero, ma col Liverpool è stata l'intera partita a sentire di riflesso quella che è l'anima ancelottiana, in una trasmissione di dominio che ha attraversato tutti i reparti. Con lentezza, senza affanni Carlo Ancelotti, sornione, si è insinuato nel cuore della squadra e ora della città, c'ha messo una stagione.
 
Dopo questa partita di Champions cambiano i rapporti, si spostano gli assi sentimentali, e questo avviene in campo soprattutto e poi anche fuori: per la prima volta e per l'intera partita il Napoli non ha avuto il momento troisiano del fuori luogo, dell'inferiorità psichica, e questo è merito dell'allenatore, delle sue scelte molto offensive e dell'acquisizione e restituzione. Il Napoli è apparsa una squadra di rango, che ha giocato alla pari col Liverpool campione in carica e lo ha fatto non più con la geometria e la ricerca affannosa del gol ad ogni costo, no, ma con il dai e dai del calcio aristocratico, della sicurezza di chi sa che prima o poi riuscirà a prevaricare, anche perché Dries Mertens ha un cuore da contrabbandiere, andando a cercare pericolosamente ogni pallone, ma la mossa decisiva è arrivata dal calciatore che più rispecchia la mentalità ancelottiana: Josè Maria Callejon, che allena in campo, e trasmette le pulsazioni basse dell'allenatore, l'intelligenza senza sforzo, la conquista che spiazza. Il resto l'ha fatto Fernando  Llorente a istinto e sul pressing altissimo et sacchiano. Ma il Napoli l'ha vinta quando ha sofferto, l'ha vinta quando non è caduto, non si è sciolto, non ha commesso l'errore fatale come nella stagione scorsa, non lasciandosi travolgere dalla gioia del neofita che sente la meta vicina, che si inebria della vittoria a un passo. Questa volta il Napoli si è adattato bene, è divenuto elastico come la mente del suo allenatore, piegandosi e sopportando, e ha pressato alto fino alla fine, andando a ribadire nella lingua di Klopp col ritmo punk che non aveva nessuna intenzione di mollare. Non è stata la partita perfetta, non si è giocato come voleva Ancelotti cioè sulla profondità almeno non sempre , ma non era possibile perché il Liverpool ribalta il gioco di continuo, senza tregua, risparmio, calcolo, situazione che Klopp ha definito momenti selvaggi, e lì, il reparto che maggiormente aveva scricchiolato, la difesa, ha retto, con un Koulibaly tornato padrone, un Manolas che al netto di un errore che poteva pesare è stato bravo, ma soprattutto con un Di Lorenzo all'esordio che va abbracciato per quanto ha fatto vedere non tanto in partita ma sul futuro che verrà, e finalmente la migliore partita di Mario Rui dopo i cedimenti passati sia in copertura che nei cross, suo quello perfetto per Mertens poi annullato da Adrian soprattutto in Champions. Insomma, tutti, sono diventati corpo ancelottiano, e lui tranquillo, burro e tattica. Il risultato è una sera di grande calcio, con il Napoli che cambia pelle davanti al San Paolo che torna caloroso può fare ancora di più fino a ribussare alle porte della memoria dello scrittore rosarino Roberto Fontanarrosa che lo cita come un posto infernale comprendendo la tenuta e il riscatto. Ancelotti ha integrato le tentazioni illuministiche degli anni passati con un pragmatismo da campo di battaglia, e ha raggiunto un livello altro e alto di calcio, di superiorità, non è solo più la velocizzazione delle giocate, no, ora c'è la consapevolezza di aspettare quella giocate, di tenere uno come Salah o uno come Firmino generatori di voragini nelle difese avversarie , sapendo difendere, sapendo tenersi le sfuriate del Liverpool nota di merito anche a Meret, bravissimo in allungo su Salah e poi andando a prendersi il campo e la vittoria. Alla fine è uscito il pensiero ancelottiano, questa capacità di adattarsi ad ogni squadra, di modularsi, sporcandosi se è necessario, senza perdere la propria natura. Si perde in bellezza in alcuni momenti della partita, ma poi si trovano gol e vittorie, in una sorta di attesa dell'onda giusta, o di costruzione di questa. Diminuiscono le paure e aumenta la ferocia, il pur sportivo Klopp ha sofferto molto nel vedersi sconfitto dalla sua mimesi, colpito e affondato con la stessa lingua.
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