Napoli, tutta la scaramanzia di Sarri:
«È incredibile quello che ci fa fare»

Napoli, tutta la scaramanzia di Sarri: «È incredibile quello che ci fa fare»
di Delia Paciello
Sabato 25 Novembre 2017, 17:33
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Questo è l’anno buono per il Napoli, ne sono convinti anche i protagonisti. «Adesso o mai più» è quello che si dice nell’ambiente. «La Juventus è ancora la squadra più forte, ma se c’è un anno in cui possiamo vincere è questo. Ecco perché siamo rimasti tutti, si avvertiva questa sensazione», ha sottolineato anche Dries Mertens.

A gestire questo gruppo splendido colui che si è rivelato un vero fuoriclasse, Maurizio Sarri: «Il mister sta facendo un lavoro eccellente con tutti noi. Non ci sono talenti eccezionali o un gruppo folto, specie dopo l’infortunio di Milik e Ghoulam. Mettete a confronto la nostra rosa con quella della Juventus e capirete che stiamo tutti facendo un piccolo miracolo», fa notare il belga nell’intervista a Het Laatste Nieuw.

«Vengo dalla merda e ora sono in Champions, nessuno ce la porterà via», è quello che ricorda sempre Sarri ai suoi ragazzi. Una carica enorme che sa dare alla squadra. Ma la scaramanzia è alla base di ogni giornata a Castel Volturno: «È incredibile. Un giorno ci alleniamo su un campo, il giorno successivo su un altro. Non cambia mai questo metodo, a meno che non perdiamo», svela l’attaccante. Che sia un gran fumatore non è un segreto: anche al centro sportivo non manca mai la sigaretta, persino negli ambienti chiusi. Tante volte entra anche negli spogliatoi fumando, quasi non ci fa caso. Beve tanti caffè, ma legge anche tanto. Provenendo dal mondo dell’economia è ossessionato dalle statistiche ma preparatissimo dal punto di vista tattico».

La filosofia di Sarri ha suscitato grande interesse tra i giovani allenatori. «Il rispetto che ha ricevuto da Guardiola dimostra che il mister sa quello che fa. È davvero un grandissimo allenatore, e lo dicevo anche quando ero in panchina», ha ammesso sorridendo Mertens.

E infatti giostrare una panchina di giovani scalpitanti non è per niente facile. «Due anni fa sono stato titolare in solo sei partite su trentacinque», racconta l’azzurro. «Dopo venti volte in panchina ero davvero stanco. Pensavo “Fuck”. Poi riprendi un pallone tra i piedi e tutto ricomincia».

«Il mister mi diceva che ero uno che cambiava la partita. Ma che devo aspettare che gli altri non segnino? Se alcuni sostituti possono cambiare una gara è solo perché sono buoni giocatori. Bisognerebbe dar loro la possibilità di partire titolari ogni tanto. Ora è chiaro a tutti che meritavo di giocare di più», è questa la rivincita del giocatore. «Il mister ha ammesso che avrebbe dovuto darmi maggiore spazio, ma era convinto di fare la scelta migliore in quel momento. L’anno scorso, nel match in Portogallo col Benfica, mi disse che sarei partito in panchina e che avrei fatto la differenza nella ripresa. Sono entrato al 60′ sullo 0-0, e abbiamo vinto 1-2: diedi un assist a Callejon e segnai il raddoppio. Il mister dopo la gara mi disse: “Scusami, ma lo sapevo”. Ho capito cosa intendeva, a volte le gare si aprono col tempo».

Il rapporto fra il tecnico e la squadra è tuttavia sempre stato ottimo: riesce a far capire le sue scelte anche a chi non entra sempre in campo. Una fiducia che ha saputo guadagnare fin da subito, quando incontrò per la prima volta la squadra a Dimaro. Uno degli aneddoti rimasti impressi a molti giocatori fu proprio in quell’occasione, quando stoppò alcune critiche del presidente alla squadra e con gentilezza e autorevolezza disse: «Grazie, ma sono io il tecnico. Per me sono tutti allo stesso livello, poi valuterò strada facendo». Un atteggiamento che fece piacere ai ragazzi, e allora Callejon, a nome della squadra, ringraziò il nuovo allenatore per aver messo fine alle polemiche. E fu così che instaurò un ottimo rapporto con ciascuno di loro, cercando di ottenere il meglio da ogni giocatore. Meritato rispetto da subito quindi anche da parte dei campioni e dei veterani del Napoli, coltivato fino ad oggi, dove si raccolgono sempre più i frutti di tanto lavoro. «Ci vorrebbe un documentario su di lui, è davvero un grande», così chiosa Mertens.
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